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eventi chiesa cattolica

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Messaggio Da libero pensatore Dom Lug 28, 2013 7:24 pm

oggi si sta concludendo in Brasile la GMG (giornata mondiale della gioventù). Questa settimana papa Francesco ha incontrato moltitudini di persone, dai responsabili politici brasiliani al clero brasiliano, moltissimi giovani, ha visitato luoghi di sofferenza quali ospedali e carceri, è entrato nelle case delle favelas, ha baciato ed abbracciato tante persone, a partire dai più poveri, ha incoraggiato tutti, ha ricordato la necessità di giustizia, pace e solidarietà verso i più deboli e bisognosi, ha portato a tutti la parola di Dio, raccomandando di essere ciascuno un testimone di Cristo, a portare a tutti la Buona Novella nella testimonianza personale di una vita concreta ispirata al Vangelo. Sarebbe bello rileggere i suoi discorsi, rivedere le immagini di vicinanza a tutti, ma soprattutto cercare di seguire il suo insegnamento, è certo molto difficile, ma è possibile se ci affideremo a Cristo. L'invito finale del papa ai giovani è stato: "ANDATE, SENZA PAURA, PER SERVIRE" (essere missionari nel mondo, con coraggio fidandosi di Cristo, per annunciare il Vangelo mettendosi al servizio di tutti) Grazie papa Francesco, preghiamo per lui.

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Messaggio Da libero pensatore Dom Lug 28, 2013 8:08 pm

potete leggere l'intervento integrale di papa Francesco nella Messa odierna sul sito del Vaticano cliccando su:

http://www.vatican.va/holy_father/francesco/homilies/2013/documents/papa-francesco_20130728_celebrazione-xxviii-gmg_it.html

VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO
IN OCCASIONE DELLA XXVIII GIORNATA MONDIALE
DELLA GIOVENTÙ
SANTA MESSA PER LA XXVIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Lungomare di Copacabana, Rio de Janeiro
Domenica, 28 luglio 2013
Video

Cari fratelli e sorelle,
cari giovani!
“Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Con queste parole, Gesù si rivolge a ognuno di voi, dicendo: “È stato bello partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù, vivere la fede insieme a giovani provenienti dai quattro angoli della terra, ma ora tu devi andare e trasmettere questa esperienza agli altri”. Gesù ti chiama ad essere discepolo in missione! Oggi, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, che cosa ci dice il Signore? Che cosa ci dice il Signore?Tre parole: Andate, senza paura, per servire.
1. Andate. In questi giorni, qui a Rio, avete potuto fare la bella esperienza di incontrare Gesù e di incontrarlo assieme, avete sentito la gioia della fede. Ma l'esperienza di questo incontro non può rimanere rinchiusa nella vostra vita o nel piccolo gruppo della parrocchia, del movimento, della vostra comunità. Sarebbe come togliere l'ossigeno a una fiamma che arde. La fede è una fiamma che si fa sempre più viva quanto più si condivide, si trasmette, perché tutti possano conoscere, amare e professare Gesù Cristo che è il Signore della vita e della storia (cfr Rm 10,9).
Attenzione, però! Gesù non ha detto: se volete, se avete tempo, andate, ma ha detto: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Condividere l’esperienza della fede, testimoniare la fede, annunciare il Vangelo è il mandato che il Signore affida a tutta la Chiesa, anche a te; è un comando, che, però, non nasce dalla volontà di dominio, dalla volontà di potere, ma dalla forza dell’amore, dal fatto che Gesù per primo è venuto in mezzo a noi e non ci ha dato qualcosa di Sé, ma ci ha dato tutto Se stesso, Egli ha dato la sua vita per salvarci e mostrarci l’amore e la misericordia di Dio. Gesù non ci tratta da schiavi, ma da persone libere, da amici, da fratelli; e non solo ci invia, ma ci accompagna, è sempre accanto a noi in questa missione d'amore.
Dove ci invia Gesù? Non ci sono confini, non ci sono limiti: ci invia a tutti. Il Vangelo è per tutti e non per alcuni. Non è solo per quelli che ci sembrano più vicini, più ricettivi, più accoglienti. E’ per tutti. Non abbiate paura di andare e portare Cristo in ogni ambiente, fino alle periferie esistenziali, anche a chi sembra più lontano, più indifferente. Il Signore cerca tutti, vuole che tutti sentano il calore della sua misericordia e del suo amore.
In particolare, vorrei che questo mandato di Cristo: “Andate”, risuonasse in voi giovani della Chiesa in America Latina, impegnati nella missione continentale promossa dai Vescovi. Il Brasile, l’America Latina, il mondo ha bisogno di Cristo! San Paolo dice: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16). Questo Continente ha ricevuto l’annuncio del Vangelo, che ha segnato il suo cammino e ha portato molto frutto. Ora questo annuncio è affidato anche a voi, perché risuoni con forza rinnovata. La Chiesa ha bisogno di voi, dell'entusiasmo, della creatività e della gioia che vi caratterizzano. Un grande apostolo del Brasile, il Beato José de Anchieta, partì in missione quando aveva soltanto diciannove anni. Sapete qual è lo strumento migliore per evangelizzare i giovani? Un altro giovane. Questa è la strada da percorrere da parte di tutti voi!
2. Senza paura. Qualcuno potrebbe pensare: “Non ho nessuna preparazione speciale, come posso andare e annunciare il Vangelo?”. Caro amico, la tua paura non è molto diversa da quella di Geremia, abbiamo appena ascoltato nelle lettura, quando è stato chiamato da Dio a essere profeta. «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Dio dice anche a voi quello che ha detto a Geremia: «Non avere paura [...], perché io sono con te per proteggerti» (Ger 1,7.Cool. Lui è con noi!
“Non avere paura!”. Quando andiamo ad annunciare Cristo, è Lui stesso che ci precede e ci guida. Nell’inviare i suoi discepoli in missione, ha promesso: «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20). E questo è vero anche per noi! Gesù non lascia mai solo nessuno! Ci accompagna sempre.
Gesù poi non ha detto: “Va’” , ma “Andate”: siamo inviati insieme. Cari giovani, sentite la compagnia dell’intera Chiesa e anche la comunione dei Santi in questa missione. Quando affrontiamo insieme le sfide, allora siamo forti, scopriamo risorse che non sapevamo di avere. Gesù non ha chiamato gli Apostoli perché vivessero isolati, li ha chiamati per formare un gruppo, una comunità. Vorrei rivolgermi anche a voi, cari sacerdoti che concelebrate con me quest'Eucaristia: siete venuti ad accompagnare i vostri giovani, e questo è bello, condividere questa esperienza di fede! Certamente vi ha ringiovanito tutti. Il giovane contagia giovinezza. Ma è solo una tappa del cammino. Per favore, continuate ad accompagnarli con generosità e gioia, aiutateli ad impegnarsi attivamente nella Chiesa; non si sentano mai soli! E qui desidero ringraziare di cuore i gruppi di pastorale giovanile ai movimenti e nuove comunità che accompagnano i giovani nella loro esperienza di essere Chiesa, così creativi e così audaci. Andate avanti e non abbiate paura!
3. L’ultima parola: per servire. All’inizio del Salmo che abbiamo proclamato ci sono queste parole: «Cantate al Signore un canto nuovo» (Sal 95,1). Qual è questo canto nuovo? Non sono parole, non è una melodia, ma è il canto della vostra vita, è lasciare che la nostra vita si identifichi con quella di Gesù, è avere i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue azioni. E la vita di Gesù è una vita per gli altri, la vita di Gesù è una vita per gli altri. È una vita di servizio.
San Paolo, nella Lettura che abbiamo ascoltato poco fa, diceva: «Mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero» (1 Cor 9,19). Per annunciare Gesù, Paolo si è fatto “servo di tutti”. Evangelizzare è testimoniare in prima persona l'amore di Dio, è superare i nostri egoismi, è
servire chinandoci a lavare i piedi dei nostri fratelli come ha fatto Gesù.
Tre parole: Andate, senza paura, per servire. Andate, senza paura, per servire. Seguendo queste tre parole sperimenterete che chi evangelizza è evangelizzato, chi trasmette la gioia della fede, riceve più gioia. Cari giovani, nel ritornare alle vostre case non abbiate paura di essere generosi con Cristo, di testimoniare il suo Vangelo. Nella prima Lettura quando Dio invia il profeta Geremia, gli dona il potere di «sradicare e demolire, distruggere e abbattere, edificare e piantare» (Ger 1,10). Anche per voi è così. Portare il Vangelo è portare la forza di Dio per sradicare e demolire il male e la violenza; per distruggere e abbattere le barriere dell'egoismo, dell'intolleranza e dell’odio; per edificare un mondo nuovo. Cari giovani: Gesù Cristo conta su di voi! La Chiesa conta su di voi! Il Papa conta su di voi! Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, vi accompagni sempre con la sua tenerezza: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Amen.

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Messaggio Da libero pensatore Mar Lug 30, 2013 7:21 pm

altro discorso del papa alle favelas brasiliane, ma che si adatta perfettamente a ciascuno di noi.
Potete leggere tutti gli interventi di papa Francesco cliccando sul link seguente:

http://www.vatican.va/latest/sub_index/latest_index_it.htm

Ve ne propongo uno:

VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO
IN OCCASIONE DELLA XXVIII GIORNATA MONDIALE
DELLA GIOVENTÙ
VISITA ALLA COMUNITÀ DI VARGINHA (MANGUINHOS)
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Rio de Janeiro
Giovedì, 25 luglio 2013

Carissimi fratelli e sorelle, buongiorno!
È bello poter essere qui con voi! È bello! Fin dall’inizio, nel programmare la visita in Brasile, il mio desiderio era di poter visitare tutti i rioni di questa Nazione. Avrei voluto bussare a ogni porta, dire “buongiorno”, chiedere un bicchiere di acqua fresca, prendere un “cafezinho” - non un bicchiere di grappa! - parlare come ad amici di casa, ascoltare il cuore di ciascuno, dei genitori, dei figli, dei nonni... Ma il Brasile è così grande! E non è possibile bussare a tutte le porte! Allora ho scelto di venire qui, di fare visita alla vostra Comunità; questa Comunità che oggi rappresenta tutti i rioni del Brasile. Che bello essere accolti con amore, con generosità, con gioia! Basta vedere come avete decorato le strade della Comunità; anche questo è un segno di affetto, nasce dal vostro cuore, dal cuore dei brasiliani, che è in festa! Grazie tante a ognuno di voi per la bella accoglienza! Ringrazio gli sposi Rangler e Joana per le calorose parole.
1. Fin dal primo momento in cui ho toccato la terra brasiliana e anche qui in mezzo a noi, mi sento accolto. Ed è importante saper accogliere; è ancora più bello di qualsiasi abbellimento o decorazione. Lo dico perché quando siamo generosi nell’accogliere una persona e condividiamo qualcosa con lei - un po’ di cibo, un posto nella nostra casa, il nostro tempo - non solo non rimaniamo più poveri, ma ci arricchiamo. So bene che quando qualcuno che ha bisogno di mangiare bussa alla vostra porta, voi trovate sempre un modo di condividere il cibo; come dice il proverbio, si può sempre “aggiungere più acqua ai fagioli”! Si può aggiungere più acqua ai fagioli? ... Sempre? ... E voi lo fate con amore, mostrando che la vera ricchezza non sta nelle cose, ma nel cuore!
E il popolo brasiliano, in particolare le persone più semplici, può offrire al mondo una preziosa lezione di solidarietà, una parola - questa parola solidarietà - spesso dimenticata o taciuta, perché scomoda. Quasi sembra una brutta parola ... solidarietà. Vorrei fare appello a chi possiede più risorse, alle autorità pubbliche e a tutti gli uomini di buona volontà impegnati per la giustizia sociale: non stancatevi di lavorare per un mondo più giusto e più solidale! Nessuno può rimanere insensibile alle disuguaglianze che ancora ci sono nel mondo! Ognuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità, sappia offrire il suo contributo per mettere fine a tante ingiustizie sociali. Non è, non è la cultura dell’egoismo, dell’individualismo, che spesso regola la nostra società, quella che costruisce e porta ad un mondo più abitabile; non è questa, ma la cultura della solidarietà; la cultura della solidarietà è vedere nell’altro non un concorrente o un numero, ma un fratello. E tutti noi siamo fratelli!
Desidero incoraggiare gli sforzi che la società brasiliana sta facendo per integrare tutte le parti del suo corpo, anche le più sofferenti e bisognose, attraverso la lotta contro la fame e la miseria. Nessuno sforzo di “pacificazione” sarà duraturo, non ci saranno armonia e felicità per una società che ignora, che mette ai margini e che abbandona nella periferia una parte di se stessa. Una società così semplicemente impoverisce se stessa, anzi perde qualcosa di essenziale per se stessa. Non lasciamo, non lasciamo entrare nel nostro cuore la cultura dello scarto! Non lasciamo entrare nel nostro cuore la cultura dello scarto, perché noi siamo fratelli. Nessuno è da scartare" Ricordiamolo sempre: solo quando si è capaci di condividere ci si arricchisce veramente; tutto ciò che si condivide si moltiplica! Pensiamo alla moltiplicazione dei pani di Gesù! La misura della grandezza di una società è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!
2. Vorrei dirvi anche che la Chiesa, “avvocata della giustizia e difensore dei poveri contro le disuguaglianze sociali ed economiche intollerabili che gridano al cielo” (Documento di Aparecida, 395), desidera offrire la sua collaborazione ad ogni iniziativa che possa significare un vero sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo. Cari amici, certamente è necessario dare il pane a chi ha fame; è un atto di giustizia. Ma c’è anche una fame più profonda, la fame di una felicità che solo Dio può saziare. Fame di dignità. Non c’è né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell'uomo, quando si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi beni immateriali: la vita, che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale; l’educazione integrale, che non si riduce ad una semplice trasmissione di informazioni con lo scopo di produrre profitto; la salute, che deve cercare il benessere integrale della persona, anche della dimensione spirituale, essenziale per l'equilibrio umano e per una sana convivenza; la sicurezza, nella convinzione che la violenza può essere vinta solo a partire dal cambiamento del cuore umano.
3. Un’ultima cosa vorrei dire, un'ultima cosa. Qui, come in tutto il Brasile, ci sono tanti giovani. Eh giovani! Voi, cari giovani, avete una particolare sensibilità contro le ingiustizie, ma spesso siete delusi da fatti che parlano di corruzione, da persone che, invece di cercare il bene comune, cercano il proprio interesse. Anche a voi e a tutti ripeto: non scoraggiatevi mai, non perdete la fiducia, non lasciate che si spenga la speranza. La realtà può cambiare, l’uomo può cambiare. Cercate voi per primi di portare il bene, di non abituarvi al male, ma di vincerlo con il bene. La Chiesa vi accompagna, portandovi il bene prezioso della fede, di Gesù Cristo, che è «venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
Oggi a tutti voi, in particolare agli abitanti di questa Comunità di Varginha dico: non siete soli, la Chiesa è con voi, il Papa è con voi. Porto ognuno di voi nel mio cuore e faccio mie le intenzioni che avete nell’intimo: i ringraziamenti per le gioie, le richieste di aiuto nelle difficoltà, il desiderio di consolazione nei momenti di dolore e di sofferenza. Tutto affido all'intercessione di Nostra Signora di Aparecida, Madre di tutti i poveri del Brasile, e con grande affetto vi imparto la mia Benedizione. Grazie!


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Messaggio Da libero pensatore Dom Set 15, 2013 6:20 pm

questa mattina nella nostra Chiesa SS. Pietro e Paolo di Muggiò, in occasione della sagra cittadina, si è tenuta la S.Messa nella quale il caro don Carlo Branca ha festeggiato i 55 anni di sacerdozio. Nell'omelia, ha ringraziato il Signore per tutti i doni che gli ha fatto (a cominciare dalla vita, dall'educazione cristiana ricevuta dalla famiglia, alla vocazione sacerdotale, alla comunità muggiorese che lo ha avuto per 11 anni come prete novello, alle comunità parrocchiali successive, ed infine al suo ritorno a Muggiò dove è presente da 5 anni nella chiesa di san Francesco), ha detto che ha sempre sentito la vicinanza del Signore e della Madonna di Lourdes cui è particolarmente devoto. E' stata una cerimonia molto bella e commovente. Anche noi ringraziamo don Carlo ed il Signore che ce lo ha dato.

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Messaggio Da libero pensatore Mer Nov 06, 2013 12:50 pm

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SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Venerdì, 1° novembre 2013

Video


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

la festa di Tutti i Santi, che oggi celebriamo, ci ricorda che il traguardo della nostra esistenza non è la morte, è il Paradiso! Lo scrive l’apostolo Giovanni: «Ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3,2). I Santi, gli amici di Dio, ci assicurano che questa promessa non delude. Nella loro esistenza terrena, infatti, hanno vissuto in comunione profonda con Dio. Nel volto dei fratelli più piccoli e disprezzati hanno veduto il volto di Dio, e ora lo contemplano faccia a faccia nella sua bellezza gloriosa.

I Santi non sono superuomini, né sono nati perfetti. Sono come noi, come ognuno di noi, sono persone che prima di raggiungere la gloria del cielo hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze. Ma cosa ha cambiato la loro vita? Quando hanno conosciuto l’amore di Dio, lo hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie; hanno speso la loro vita al servizio degli altri, hanno sopportato sofferenze e avversità senza odiare e rispondendo al male con il bene, diffondendo gioia e pace. Questa è la vita dei Santi: persone che per amore di Dio nella loro vita non hanno posto condizioni a Lui; non sono stati ipocriti; hanno speso la loro vita al servizio degli altri per servire il prossimo; hanno sofferto tante avversità, ma senza odiare. I Santi non hanno mai odiato. Capite bene questo: l’amore è di Dio, ma l’odio da chi viene? L’odio non viene da Dio, ma dal diavolo! E i Santi si sono allontanati dal diavolo; i Santi sono uomini e donne che hanno la gioia nel cuore e la trasmettono agli altri. Mai odiare, ma servire gli altri, i più bisognosi; pregare e vivere nella gioia; questa è la strada della santità!

Essere santi non è un privilegio di pochi, come se qualcuno avesse avuto una grossa eredità; tutti noi nel Battesimo abbiamo l’eredità di poter diventare santi. La santità è una vocazione per tutti. Tutti perciò siamo chiamati a camminare sulla via della santità, e questa via ha un nome, un volto: il volto di Gesù Cristo. Lui ci insegna a diventare santi. Lui nel Vangelo ci mostra la strada: quella delle Beatitudini (cfr Mt 5,1-12). Il Regno dei cieli, infatti, è per quanti non pongono la loro sicurezza nelle cose, ma nell’amore di Dio; per quanti hanno un cuore semplice, umile, non presumono di essere giusti e non giudicano gli altri, quanti sanno soffrire con chi soffre e gioire con chi gioisce, non sono violenti ma misericordiosi e cercano di essere artefici di riconciliazione e di pace. Il Santo, la Santa è artefice di riconciliazione e di pace; aiuta sempre la gente a riconciliarsi e aiuta sempre affinché ci sia la pace. E così è bella la santità; è una bella strada!

Oggi, in questa festa, i Santi ci danno un messaggio. Ci dicono: fidatevi del Signore, perché il Signore non delude! Non delude mai, è un buon amico sempre al nostro fianco. Con la loro testimonianza i Santi ci incoraggiano a non avere paura di andare controcorrente o di essere incompresi e derisi quando parliamo di Lui e del Vangelo; ci dimostrano con la loro vita che chi rimane fedele a Dio e alla sua Parola sperimenta già su questa terra il conforto del suo amore e poi il “centuplo” nell’eternità. Questo è ciò che speriamo e domandiamo al Signore per i nostri fratelli e sorelle defunti. Con sapienza la Chiesa ha posto in stretta sequenza la festa di Tutti i Santi e la Commemorazione di tutti i fedeli defunti. Alla nostra preghiera di lode a Dio e di venerazione degli spiriti beati si unisce l’orazione di suffragio per quanti ci hanno preceduto nel passaggio da questo mondo alla vita eterna.

Affidiamo la nostra preghiera all’intercessione di Maria, Regina di Tutti i Santi.




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Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

vi saluto tutti con affetto, specialmente le famiglie, i gruppi parrocchiali e le associazioni.

Un caloroso saluto rivolgo a quanti hanno partecipato questa mattina alla Corsa dei Santi, organizzata dalla Fondazione “Don Bosco nel mondo”. San Paolo direbbe che tutta la vita del cristiano è una “corsa” per conquistare il premio della santità: voi ci date un buon esempio! Grazie per questa corsa!

Questo pomeriggio, mi recherò al cimitero del Verano e celebrerò là la Santa Messa. Sarò unito spiritualmente a quanti in questi giorni visitano i cimiteri, dove dormono coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede e attendono il giorno della risurrezione. In particolare, pregherò per le vittime della violenza, specialmente per i cristiani che hanno perso la vita a causa delle persecuzioni. Pregherò anche in modo speciale per quanti, fratelli e sorelle nostri, uomini, donne e bambini sono morti assaliti dalla sete, dalla fame e dalla fatica nel tragitto per raggiungere una condizione di vita migliore. In questi giorni abbiamo visto nei giornali quell’immagine crudele del deserto: facciamo tutti, in silenzio, una preghiera per questi fratelli e sorelle nostre.

A tutti auguro una buona festa di Tutti i Santi. Arrivederci e Buon pranzo!




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Messaggio Da libero pensatore Dom Nov 10, 2013 8:40 pm

PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Il pane sporco della corruzione

Venerdì, 8 novembre 2013



(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 257, Sab. 09/11/2013)



Gli amministratori corrotti «devoti della dea tangente» commettono un «peccato grave contro la dignità» e danno da mangiare «pane sporco» ai propri figli: a questa «furbizia mondana» si deve rispondere con la «furbizia cristiana» che è «un dono dello Spirito Santo». Lo ha detto Papa Francesco nell’omelia della messa celebrata venerdì mattina, 8 novembre, nella cappella della Casa Santa Marta, proponendo una riflessione sulla figura dell’amministratore disonesto descritta nel brano liturgico del Vangelo di Luca (16, 1-Cool.

«Il Signore — ha detto il Papa — torna un’altra volta a parlarci dello spirito del mondo, della mondanità: come agisce questa mondanità e quanto pericolosa sia. E Gesù, proprio lui, nella preghiera dopo la cena del giovedì santo pregava il Padre perché i suoi discepoli non cadessero nella mondanità», nello spirito del mondo.

La mondanità, ha ribadito il Pontefice, «è il nemico». Ed è proprio «l’atmosfera, lo stile di vita» tipico della mondanità — ossia il «vivere secondo i “valori” del mondo» — che «piace tanto al demonio». Del resto «quando noi pensiamo al nostro nemico pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male».

«Un esempio di mondanità» è l’amministratore descritto nella pagina evangelica. «Qualcuno di voi — ha osservato il Pontefice — potrà dire: ma quest’uomo ha fatto quello che fanno tutti». In realtà «tutti no!»; questo è il modo di fare di «alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici, alcuni amministratori del governo. Forse non sono tanti». Nella sostanza «è un po’ quell’atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita». Il Vangelo racconta che «il padrone lodò quell’amministratore disonesto». E questa — ha commentato il Papa — «è una lode alla tangente. L’abitudine delle tangenti è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice». Certamente è un’abitudine che non ha nulla a che vedere con Dio.

Infatti, ha proseguito, «Dio ci ha comandato: portare il pane a casa con il nostro lavoro onesto». Invece «questo amministratore dava da mangiare ai suoi figli pane sporco. E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà come pasto sporcizia. Perché il loro papà portando pane sporco a casa aveva perso la dignità. E questo è un peccato grave». Magari, ha specificato il Papa, «s’incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga». E anche se la prima bustarella è «piccola, poi viene quell’altra e quell’altra: e si finisce con la malattia dell’assuefazione alle tangenti».

Siamo davanti, ha affermato, a «un peccato tanto grave perché va contro la dignità. Quella dignità con la quale noi siamo unti col lavoro. Non con la tangente, non con questa assuefazione alla furbizia mondana. Quando noi leggiamo nei giornali o guardiamo sulla tv uno che scrive o parla di corruzione, forse pensiamo che la corruzione è una parola. Corruzione è questo: è non guadagnare il pane con dignità».

C’è però un’altra strada, quella della “furbizia cristiana” – «tra virgolette», ha detto il Papa – che permette di «fare le cose un po’ svelte ma non con lo spirito del mondo. Lo stesso Gesù ce l’ha detto: astuti come i serpenti, puri come le colombe». Mettere «insieme queste due» realtà è «una grazia» e «un dono dello Spirito Santo». Per questo dobbiamo chiedere al Signore di essere capaci di praticare «l’onestà nella vita, quella onestà che ci fa lavorare come si deve lavorare, senza entrare in queste cose». Papa Francesco ha ribadito: «Questa “furbizia cristiana” — l’astuzia del serpente e la purezza della colomba — è un dono, è una grazia che il Signore ci dà. Ma dobbiamo chiederla».

Il pensiero di Papa Francesco è andato anche alle famiglie degli amministratori disonesti. «Forse oggi — ha detto — farà bene a tutti noi pregare per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco. Anche questi sono affamati. Sono affamati di dignità». Da qui l’invito a «pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente», perché comprendano «che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno, e non da queste strade più facili che alla fine tolgono tutto». Anche perché, ha concluso, c’è il rischio di finire come quella persona di cui parla il Vangelo «che aveva tanti granai, tanti sili, tutti pieni e non sapeva che fare. “Questa notte dovrai morire” ha detto il Signore. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti, porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma soltanto la mancanza di dignità. Preghiamo per loro».





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Messaggio Da libero pensatore Dom Nov 17, 2013 5:50 pm

PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 17 novembre 2013

Cari fratelli e sorelle buongiorno,
il Vangelo di questa domenica (Lc 21,5-19) consiste nella prima parte di un discorso di Gesù: quello sugli ultimi tempi. Gesù lo pronuncia a Gerusalemme, nei pressi del tempio; e lo spunto gli è dato proprio dalla gente che parlava del tempio e della sua bellezza. Perché era bello quel tempio. Allora Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra» (Lc 21,6). Naturalmente gli chiedono: quando accadrà questo?, quali saranno i segni? Ma Gesù sposta l’attenzione da questi aspetti secondari – quando sarà?, come sarà? – la sposta alle vere questioni. E sono due. Primo: non lasciarsi ingannare dai falsi messia e non lasciarsi paralizzare dalla paura. Secondo: vivere il tempo dell’attesa come tempo della testimonianza e della perseveranza. E noi siamo in questo tempo dell’attesa, dell’attesa della venuta del Signore.
Questo discorso di Gesù è sempre attuale, anche per noi che viviamo nel XXI secolo. Egli ci ripete: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome» (v. Cool. E’ un invito al discernimento, questa virtù cristiana di capire dove è lo spirito del Signore e dove è il cattivo spirito. Anche oggi, infatti, ci sono falsi “salvatori”, che tentano di sostituirsi a Gesù: leader di questo mondo, santoni, anche stregoni, personaggi che vogliono attirare a sé le menti e i cuori, specialmente dei giovani. Gesù ci mette in guardia: «Non andate dietro a loro!». “Non andate dietro a loro!”
E il Signore ci aiuta anche a non avere paura: di fronte alle guerre, alle rivoluzioni, ma anche alle calamità naturali, alle epidemie, Gesù ci libera dal fatalismo e da false visioni apocalittiche.
Il secondo aspetto ci interpella proprio come cristiani e come Chiesa: Gesù preannuncia prove dolorose e persecuzioni che i suoi discepoli dovranno patire, a causa sua. Tuttavia assicura: «Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto» (v. 18). Ci ricorda che siamo totalmente nelle mani di Dio! Le avversità che incontriamo per la nostra fede e la nostra adesione al Vangelo sono occasioni di testimonianza; non devono allontanarci dal Signore, ma spingerci ad abbandonarci ancora di più a Lui, alla forza del suo Spirito e della sua grazia.
In questo momento penso, e pensiamo tutti. Facciamolo insieme: pensiamo a tanti fratelli e sorelle cristiani, che soffrono persecuzioni a causa della loro fede. Ce ne sono tanti. Forse molti di più dei primi secoli. Gesù è con loro. Anche noi siamo uniti a loro con la nostra preghiera e il nostro affetto. Anche abbiamo ammirazione per il loro coraggio e la loro testimonianza. Sono i nostri fratelli e sorelle, che in tante parti del mondo soffrono a causa dell’essere fedeli a Gesù Cristo. Li salutiamo di cuore e con affetto.
Alla fine, Gesù fa una promessa che è garanzia di vittoria: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (v. 19). Quanta speranza in queste parole! Sono un richiamo alla speranza e alla pazienza, al saper aspettare i frutti sicuri della salvezza, confidando nel senso profondo della vita e della storia: le prove e le difficoltà fanno parte di un disegno più grande; il Signore, padrone della storia, conduce tutto al suo compimento. Nonostante i disordini e le sciagure che turbano il mondo, il disegno di bontà e di misericordia di Dio si compirà! E questa è la nostra speranza: andare così, in questa strada, nel disegno di Dio che si compirà. E’ la nostra speranza.
Questo messaggio di Gesù ci fa riflettere sul nostro presente e ci dà la forza di affrontarlo con coraggio e speranza, in compagnia della Madonna, che sempre cammina con noi.
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Dopo l'Angelus
Saluto tutti voi, famiglie, associazioni e gruppi, che siete venuti da Roma, dall’Italia e da tante parti del mondo: Spagna, Francia, Finlandia, Paesi Bassi. In particolare, saluto i pellegrini provenienti da Vercelli, Salerno, Lizzanello; il Motoclub Lucania di Potenza, i ragazzi di Montecassino e di Caserta.
Oggi la comunità eritrea a Roma celebra la festa di San Michele. Li salutiamo di cuore!
Oggi ricorre la “Giornata delle vittime della strada”. Assicuro la mia preghiera e incoraggio a proseguire nell’impegno della prevenzione, perché la prudenza e il rispetto delle norme sono la prima forma di tutela di sé e degli altri.
Anche vorrei adesso a tutti voi consigliarvi una medicina. Ma qualcuno pensa: “Il Papa fa il farmacista adesso?” E’ una medicina speciale per concretizzare i frutti dell’Anno della Fede, che volge al termine. Ma è una medicina di 59 granelli intracordiali. Si tratta di una “medicina spirituale” chiamata Misericordina. Una scatolina di 59 granelli intracordiali. In questa scatoletta è contenuta la medicina e alcuni volontari la distribuiranno a voi mentre lasciate la Piazza. Prendetela! C’è una corona del Rosario, con la quale si può pregare anche la “coroncina della Misericordia”, aiuto spirituale per la nostra anima e per diffondere ovunque l’amore, il perdono e la fraternità. Non dimenticatevi di prenderla, perché fa bene, eh? Fa bene al cuore, all’anima e a tutta la vita!
A tutti voi un cordiale augurio di Buona Domenica. Arrivederci e buon pranzo!


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Messaggio Da libero pensatore Mer Nov 27, 2013 8:10 pm

Domenica 24-11-2013 è stata pubblicata l'esortazione apostolica "EVANGELII GAUDIUM" di Papa Francesco, un documento di grande interesse ed attualità. Lo potete leggere sul sito della Santa Sede cliccando sul link

http://www.vatican.va/holy_father/francesco/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-ap_20131124_evangelii-gaudium_it.html#

Buona lettura!

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Messaggio Da libero pensatore Dom Dic 01, 2013 6:03 pm

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PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
I Domenica di Avvento, 1° dicembre 2013


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Iniziamo oggi, Prima Domenica di Avvento, un nuovo anno liturgico, cioè un nuovo cammino del Popolo di Dio con Gesù Cristo, il nostro Pastore, che ci guida nella storia verso il compimento del Regno di Dio. Perciò questo giorno ha un fascino speciale, ci fa provare un sentimento profondo del senso della storia. Riscopriamo la bellezza di essere tutti in cammino: la Chiesa, con la sua vocazione e missione, e l’umanità intera, i popoli, le civiltà, le culture, tutti in cammino attraverso i sentieri del tempo.

Ma in cammino verso dove? C’è una mèta comune? E qual è questa mèta? Il Signore ci risponde attraverso il profeta Isaia, e dice così: «Alla fine dei giorni, / il monte del tempio del Signore / sarà saldo sulla cima dei monti / e s’innalzerà sopra i colli, / e ad esso affluiranno tutte le genti. / Verranno molti popoli e diranno: / “Venite, saliamo al monte del Signore, / al tempio del Dio di Giacobbe, / perché ci insegni le sue vie / e possiamo camminare per i suoi sentieri”» (2,2-3). Questo è quello che dice Isaia sulla meta dove andiamo. E’ un pellegrinaggio universale verso una meta comune, che nell’Antico Testamento è Gerusalemme, dove sorge il tempio del Signore, perché da lì, da Gerusalemme, è venuta la rivelazione del volto di Dio e della sua legge. La rivelazione ha trovato in Gesù Cristo il suo compimento, e il “tempio del Signore” è diventato Lui stesso, il Verbo fatto carne: è Lui la guida ed insieme la meta del nostro pellegrinaggio, del pellegrinaggio di tutto il Popolo di Dio; e alla sua luce anche gli altri popoli possono camminare verso il Regno della giustizia, verso il Regno della pace. Dice ancora il profeta: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, / delle loro lance faranno falci; / una nazione non alzerà più la spada / contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (2,4). Mi permetto di ripetere questo che dice il Profeta, ascoltate bene: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, / delle loro lance faranno falci; / una nazione non alzerà più la spada / contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra». Ma quando accadrà questo? Che bel giorno sarà, nel quale le armi saranno smontate, per essere trasformate in strumenti di lavoro! Che bel giorno sarà quello! E questo è possibile! Scommettiamo sulla speranza, sulla speranza della pace, e sarà possibile!

Questo cammino non è mai concluso. Come nella vita di ognuno di noi c’è sempre bisogno di ripartire, di rialzarsi, di ritrovare il senso della mèta della propria esistenza, così per la grande famiglia umana è necessario rinnovare sempre l’orizzonte comune verso cui siamo incamminati. L’orizzonte della speranza! Questo è l’orizzonte per fare un buon cammino. Il tempo di Avvento, che oggi di nuovo incominciamo, ci restituisce l’orizzonte della speranza, una speranza che non delude perché è fondata sulla Parola di Dio. Una speranza che non delude, semplicemente perché il Signore non delude mai! Lui è fedele! Lui non delude! Pensiamo e sentiamo questa bellezza.

Il modello di questo atteggiamento spirituale, di questo modo di essere e di camminare nella vita, è la Vergine Maria. Una semplice ragazza di paese, che porta nel cuore tutta la speranza di Dio! Nel suo grembo, la speranza di Dio ha preso carne, si è fatta uomo, si è fatta storia: Gesù Cristo. Il suo Magnificat è il cantico del Popolo di Dio in cammino, e di tutti gli uomini e le donne che sperano in Dio, nella potenza della sua misericordia. Lasciamoci guidare da lei, che è madre, è mamma e sa come guidarci. Lasciamoci guidare da Lei in questo tempo di attesa e di vigilanza operosa.


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Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

oggi ricorre la Giornata mondiale per la lotta contro l’HIV/AIDS. Esprimiamo la nostra vicinanza alle persone che ne sono affette, specialmente ai bambini; una vicinanza che è molto concreta per l’impegno silenzioso di tanti missionari e operatori. Preghiamo per tutti, anche per i medici e i ricercatori. Ogni malato, nessuno escluso, possa accedere alle cure di cui ha bisogno.

Saluto con affetto tutti i pellegrini presenti: le famiglie, le parrocchie, le associazioni. In particolare, saluto i fedeli provenienti da Madrid, il Coro “Florilège” dal Belgio, il gruppo “Famiglie Insieme” di Solofra, e l’Associazione artistica operaia di Roma.

Saluto i fedeli di Bari, Sant’Elpidio a Mare, Pollenza e Grumo Nevano.

A tutti auguro un buon inizio di Avvento. Buon pranzo e arrivederci!

 


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Messaggio Da libero pensatore Ven Dic 06, 2013 1:37 pm

PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
In fuga da Dio
Lunedì, 7 ottobre 2013

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 230, Mart. 08/10/2013)

Per sentire la voce di Dio nella propria vita bisogna avere un cuore aperto alle sorprese. Altrimenti il rischio è di mettersi «in fuga da Dio», accampando magari anche una buona scusa. E così può accadere che proprio i cristiani abbiano la tentazione di fuggire da Dio e le persone “lontane” riescano invece ad ascoltarlo. Lo ha detto Papa Francesco che ha celebrato messa lunedì mattina, 7 ottobre, a Santa Marta, suggerendo una strada sicura: lasciamo scrivere la nostra storia da Dio.
Il vescovo di Roma, nell’omelia, ha preso come paradigma la storia di Giona, a commento della prima lettura (1, 1 - 2, 1.11): egli «aveva tutta la sua vita ben sistemata: serviva il Signore, forse pregava tanto. Era un profeta, era buono, faceva del bene». Siccome «non voleva essere disturbato, con il metodo di vita che lui aveva scelto, nel momento in cui ha sentito la parola di Dio cominciò a fuggire. E fuggiva da Dio». Così quando «il Signore lo invia a Ninive, lui prende la nave per la Spagna. Fuggiva dal Signore».
In fin dei conti, ha spiegato il Pontefice, Giona si era già scritto la propria storia: «Io voglio essere così, così, così, secondo i comandamenti». Non voleva essere disturbato. Ecco la ragione della sua «fuga da Dio». Una fuga, ha messo in guardia il Papa, che può vedere protagonisti anche noi oggi. «Si può fuggire da Dio — ha affermato — essendo cristiano, essendo cattolico», addirittura «essendo prete, vescovo, Papa. Tutti possiamo fuggire da Dio. È una tentazione quotidiana: non ascoltare Dio, non ascoltare la sua voce, non sentire nel cuore la sua proposta, il suo invito».
E se «si può fuggire direttamente», ha proseguito, «ci sono altre maniere di fuggire da Dio un po’ più educate, un po’ più sofisticate». Il riferimento è al passo evangelico di Luca (10, 25-37) che racconta di «quest’uomo, mezzo morto, buttato sul pavimento della strada. Per caso un sacerdote scendeva per quella medesima strada. Un degno sacerdote, proprio con la talare: bene, bravissimo. Ha visto e ha guardato: Arrivo tardi a messa, e se n’è andato oltre. Non aveva sentito la voce di Dio, lì». Si tratta, ha spiegato il Papa, di «una maniera diversa di fuggire: non come Giona che fuggiva chiaramente. Poi passò un levita, vide e forse ha pensato: Ma se io lo prendo o se io mi avvicino, forse è morto, e domani devo andare dal giudice e dare testimonianza. E passò oltre. Fuggiva da questa voce di Dio in quell’uomo».
Invece è «curioso» che ad avere «la capacità di capire la voce di Dio» sia «soltanto» un uomo «che abitualmente fuggiva da Dio, un peccatore». Infatti, ha precisato il Pontefice, «a sentire la voce di Dio e ad avvicinarsi» all’uomo bisognoso di aiuto «è un samaritano, un peccatore» lontano da Dio. Un uomo, ha rimarcato, che «non era abituato alle pratiche religiose, alla vita morale». Era teologicamente nell’errore «perché i samaritani credevano che Dio si doveva adorare da un’altra parte» e non a Gerusalemme.
Ma proprio questa persona «ha capito che Dio lo chiamava; e non fuggì». Si «fece vicino» all’uomo abbandonato, fasciandogli «le ferite e versandovi olio e vino. Poi lo caricò sulla cavalcatura. Ma quanto tempo perso: lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Ha perso tutta la serata!». Nel frattempo, ha notato il vescovo di Roma, «il sacerdote è arrivato in tempo per la santa messa, e tutti i fedeli contenti. Il levita ha avuto il giorno dopo una giornata tranquilla, secondo quello che lui aveva pensato di fare», perché non è dovuto andare dal giudice.
«E perché — si è chiesto il Papa — Giona fuggì da Dio? Perché il sacerdote fuggì da Dio? Perché il levita fuggì da Dio?». Perché — ha risposto — «avevano il cuore chiuso. Quando hai il cuore chiuso non puoi sentire la voce di Dio. Invece un samaritano, che era in viaggio, vide» quell’uomo ferito e «ne ebbe compassione. Aveva il cuore aperto, era umano». E la sua umanità gli permise di avvicinarlo.
«Giona — ha spiegato — aveva un disegno della sua vita: lui voleva scrivere la sua storia, bene, secondo Dio. Ma lui la scriveva, il sacerdote lo stesso, il levita lo stesso. Un disegno di lavoro. Quest’altro peccatore» invece «si è lasciato scrivere la vita da Dio. Ha cambiato tutto quella sera», perché il Signore gli mise davanti «questo povero uomo, ferito, buttato sulla strada».
Io mi domando — ha proseguito il Pontefice — «e domando anche a voi: ci lasciamo scrivere la nostra vita da Dio o vogliamo scriverla noi? E questo ci parla della docilità: siamo docili alla Parola di Dio? Sì, io voglio essere docile. Ma tu hai capacità di ascoltarla, di sentirla? Hai capacità di trovare la Parola di Dio nella storia di ogni giorno o le tue idee sono quelle che ti reggono e non lasci che la sorpresa del Signore ti parli?».
«Sono sicuro — ha concluso Papa Francesco — che tutti noi oggi, in questo momento, diciamo: ma questo Giona se l’è cercata proprio e questi due, il sacerdote e il levita, sono egoisti. È vero: il samaritano, il peccatore, non è fuggito da Dio!». Da qui l’auspicio che «il Signore ci conceda di sentire la sua voce che ci dice: Va’ e anche tu fa’ così».


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Messaggio Da libero pensatore Dom Dic 15, 2013 5:54 pm

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PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Parole impazzite
Giovedì, 5 dicembre 2013

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 280, Ven. 06/12/2013)

Le «parole cristiane» svuotate della presenza di Cristo sono come parole impazzite, senza senso e ingannatrici che sfociano nell’orgoglio e nel «potere per il potere». È un invito a un «esame di coscienza» sulla coerenza tra il dire e il fare quello proposto da Papa Francesco nella messa celebrata giovedì mattina, 5 dicembre, nella cappella della Casa Santa Marta.
Prendendo spunto dalla liturgia odierna, il Pontefice ha ricordato che «molte volte il Signore ha parlato di questo atteggiamento», quello di conoscere la Parola senza però metterla in pratica. Come dice il Vangelo, Gesù «anche ai farisei rimproverava» di «conoscere tutto, ma di non farlo». E così «alla gente diceva: fate tutto quello che dicono, ma non quello che fanno, perché non fanno quello che dicono!». È la questione delle «parole staccate dalla pratica», parole che invece vanno vissute. Eppure «queste parole sono buone» ha avvertito il Papa, «sono belle parole». Ad esempio, «anche i Comandamenti e le beatitudini» rientrano fra queste «parole buone», così come anche «tante cose che Gesù ha detto. Noi possiamo ripeterle, ma se non ci portano alla vita non solo non servono, ma fanno male, ci ingannano, ci fanno credere che noi abbiamo una bella casa, ma senza fondamenta».
Nel passo evangelico di Matteo (7, 21.24-27), ha proseguito il Papa, il Signore dice che proprio colui «che ascolta la Parola e la mette in pratica sarà simile a quell’uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia». In fin dei conti si tratta, ha spiegato, di «un’equazione matematica: conosco la Parola — la metto in pratica — sono costruito sulla roccia». La questione essenziale però, ha precisato il Santo Padre, è «come la metto in pratica?». E ha sottolineato che proprio «qui sta il messaggio di Gesù: metterla in pratica come si costruisce una casa sulla roccia». E «questa figura della roccia si riferisce al Signore».
A questo proposito Papa Francesco ha richiamato il profeta Isaia che, nella prima lettura (26, 1-6), dice: «Confidate nel Signore sempre perché il Signore è una roccia eterna». Dunque, ha spiegato il Pontefice, «la roccia è Gesù Cristo, la roccia è il Signore. Una parola è forte, dà vita, può andare avanti, può tollerare tutti gli attacchi se questa parola ha le sue radici in Gesù Cristo». Invece «una parola cristiana che non ha le sue radici vitali, nella vita di una persona, in Gesù Cristo, è una parola cristiana senza Cristo. E le parole cristiane senza Cristo ingannano, fanno male».
Il Papa ha quindi ricordato lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) che «parlando sulle eresie» ha detto «che un’eresia è una verità, una parola, una verità che è diventata pazza». È un fatto, ha sottolineato il Pontefice, che «quando le parole cristiane sono senza Cristo incominciano ad andare sul cammino della pazzia». Isaia, ha proseguito, «è chiaro e ci indica qual è questa pazzia». Si legge infatti nel passo biblico: «Il Signore è una roccia eterna, perché egli ha abbattuto coloro che abitavano in alto, ha rovesciato la città eccelsa». Sì, «coloro che abitavano in alto. Una parola cristiana senza Cristo — ha aggiunto il Pontefice — ti porta alla vanità, alla sicurezza di te stesso, all’orgoglio, al potere per il potere. E il Signore abbatte queste persone».
Questa verità, ha spiegato, «è una costante nella storia della salvezza. Lo dice Anna, la mamma di Samuele; lo dice Maria nel Magnificat: il Signore abbatte la vanità, l’orgoglio di quelle persone che si credono di essere roccia». Sono «persone che vanno soltanto dietro una parola, senza Gesù Cristo». Fanno propria una parola che è cristiana «ma senza Gesù Cristo: senza il rapporto con Gesù Cristo; senza la preghiera con Gesù Cristo; senza il servizio a Gesù Cristo; senza l’amore a Gesù Cristo».
Per Papa Francesco «quello che il Signore oggi ci dice» è un invito a «costruire la nostra vita su questa roccia. E la roccia è Lui. Lo dice esplicitamente Paolo — ha precisato — quando si riferisce a quel momento nel quale Mosè colpì la roccia col bastone. E dice: la roccia era Cristo. Cristo è la roccia». Questa meditazione comporta, ha suggerito il Pontefice, «un esame di coscienza» che «ci farà bene». Un «esame di coscienza» che si può fare rispondendo a una serie di domande essenziali. Il Papa stesso le ha esplicitate: «Ma come sono le nostre parole? Sono parole sufficienti in se stesse? Sono parole che credono di essere potenti? Sono parole che anche credono di darci la salvezza? Sono parole con Gesù Cristo? Sempre è Gesù Cristo quando noi diciamo una parola cristiana?». Il Pontefice ha voluto nuovamente precisare di riferirsi espressamente «alle parole cristiane. Perché quando non c’è Gesù Cristo — ha detto — anche questo ci divide fra noi e fa la divisione nella Chiesa».
Papa Francesco ha concluso l’omelia chiedendo «al Signore la grazia di aiutarci in questa umiltà che dobbiamo avere: sempre dire parole cristiane in Gesù Cristo, non senza Gesù Cristo». E ha chiesto al Signore di aiutarci anche «in questa umiltà di essere discepoli, salvati, di andare avanti non con parole che, per crederci potenti, finiscono nella pazzia della vanità e nella pazzia dell’orgoglio». Che «il Signore — ha concluso — ci dia questa grazia dell’umiltà di dire parole con Gesù Cristo. Fondate su Gesù Cristo».


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Messaggio Da libero pensatore Dom Dic 15, 2013 5:55 pm

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PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
III Domenica di Avvento "Gaudete", 15 dicembre 2013
Video

Grazie!
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi è la terza domenica di Avvento, detta anche domenica Gaudete,  cioè domenica della gioia. Nella liturgia risuona più volte l’invito a gioire, a rallegrarsi, perché? Perché il Signore è vicino. Il Natale è vicino. Il messaggio cristiano si chiama “evangelo”, cioè “buona notizia”, un annuncio di gioia per tutto il popolo; la Chiesa non è un rifugio per gente triste, la Chiesa è la casa della gioia! E coloro che sono tristi trovano in essa la gioia, trovano in essa la vera gioia!
Ma quella del Vangelo non è una gioia qualsiasi. Trova la sua ragione nel sapersi accolti e amati da Dio. Come ci ricorda oggi il profeta Isaia (cfr 35,1-6a.8a.10), Dio è colui che viene a salvarci, e presta soccorso specialmente agli smarriti di cuore. La sua venuta in mezzo a noi irrobustisce, rende saldi, dona coraggio, fa esultare e fiorire il deserto e la steppa, cioè la nostra vita quando diventa arida. E quando diventa arida la nostra vita? Quando è senza l’acqua della Parola di Dio e del suo Spirito d’amore. Per quanto siano grandi i nostri limiti e i nostri smarrimenti, non ci è consentito essere fiacchi e vacillanti di fronte alle difficoltà e alle nostre stesse debolezze. Al contrario, siamo invitati ad irrobustire le mani, a rendere salde le ginocchia, ad avere coraggio e non temere, perché il nostro Dio ci mostra sempre la grandezza della sua misericordia. Lui ci dà la forza per andare avanti. Lui è sempre con noi per aiutarci ad andare avanti. E’ un Dio che ci vuole tanto bene, ci ama e per questo è con noi, per aiutarci, per irrobustirci e andare avanti. Coraggio! Sempre avanti! Grazie al suo aiuto noi possiamo sempre ricominciare da capo. Come? Ricominciare da capo? Qualcuno può dirmi: “No, Padre, io ne ho fatte tante… Sono un gran peccatore, una grande peccatrice… Io non posso rincominciare da capo!”. Sbagli! Tu puoi ricominciare da capo! Perché? Perché Lui ti aspetta, Lui è vicino a te, Lui ti ama, Lui è misericordioso, Lui ti perdona, Lui ti dà la forza di ricominciare da capo! A tutti! Allora siamo capaci di riaprire gli occhi, di superare tristezza e pianto e intonare un canto nuovo. E questa gioia vera rimane anche nella prova, anche nella sofferenza, perché non è una gioia superficiale, ma scende nel profondo della persona che si affida a Dio e confida in Lui.
La gioia cristiana, come la speranza, ha il suo fondamento nella fedeltà di Dio, nella certezza che Lui mantiene sempre le sue promesse. Il profeta Isaia esorta coloro che hanno smarrito la strada e sono nello sconforto a fare affidamento sulla fedeltà del Signore, perché la sua salvezza non tarderà ad irrompere nella loro vita. Quanti hanno incontrato Gesù lungo il cammino, sperimentano nel cuore una serenità e una gioia di cui niente e nessuno potrà privarli. La nostra gioia è Gesù Cristo, il suo amore fedele inesauribile! Perciò, quando un cristiano diventa triste, vuol dire che si è allontanato da Gesù. Ma allora non bisogna lasciarlo solo! Dobbiamo pregare per lui, e fargli sentire il calore della comunità.
La Vergine Maria ci aiuti ad affrettare il passo verso Betlemme, per incontrare il Bambino che è nato per noi, per la salvezza e la gioia di tutti gli uomini. A lei l’Angelo disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Lei ci ottenga di vivere la gioia del Vangelo in famiglia, al lavoro, in parrocchia e in ogni ambiente. Una gioia intima, fatta di meraviglia e di tenerezza. Quella che prova una mamma quando guarda il suo bambino appena nato, e sente che è un dono di Dio, un miracolo di cui solo ringraziare!
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Dopo Angelus
Cari fratelli e sorelle, mi spiace che voi siate sotto la pioggia! Ma io sono con voi, di qua… Siete coraggiosi! Grazie!
Oggi il primo saluto è riservato ai bambini di Roma, venuti per la tradizionale benedizione dei “Bambinelli”, organizzata dal Centro Oratori Romani. Cari bambini, quando pregherete davanti al vostro presepe, ricordatevi anche di me, come io mi ricordo di voi. Vi ringrazio, e buon Natale!
Saluto le famiglie, i gruppi parrocchiali, le associazioni e i singoli pellegrini provenienti da Roma, dall’Italia e da tante parti del mondo, in particolare Spagna e Stati Uniti d’America. Con affetto saluto i ragazzi dello Zambia, e auguro loro di diventare “pietre vive” per costruire una società più umana. Estendo questo augurio a tutti i giovani qui presenti, specialmente quelli di Piscopio e Gallipoli, e agli universitari lucani di Azione Cattolica.
Saluto i Cori di Vicenza, L’Aquila e Mercato San Severino; i fedeli di Silvi Marina e San Lorenzello; come pure i soci del CRAL Telecom con i loro familiari.
A tutti voi auguro una buona domenica e buon pranzo. Arrivederci.


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Messaggio Da libero pensatore Dom Dic 29, 2013 7:06 pm

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MESSAGGIO URBI ET ORBI
DEL SANTO PADRE FRANCESCO
NATALE 2013
Mercoledì, 25 dicembre 2013
Video

«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14).
Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buongiorno e buon Natale!
Faccio mio il canto degli angeli, che apparvero ai pastori di Betlemme nella notte in cui nacque Gesù. Un canto che unisce cielo e terra, rivolgendo al cielo la lode e la gloria, e alla terra degli uomini l’augurio di pace.
Invito tutti ad unirsi a questo canto: questo canto è per ogni uomo e donna che veglia nella notte, che spera in un mondo migliore, che si prende cura degli altri cercando di fare umilmente il proprio dovere.
Gloria a Dio!
A questo prima di tutto ci chiama il Natale: a dare gloria a Dio, perché è buono, è fedele, è misericordioso. In questo giorno auguro a tutti di riconoscere il vero volto di Dio, il Padre che ci ha donato Gesù. Auguro a tutti di sentire che Dio è vicino, di stare alla sua presenza, di amarlo, di adorarlo.
E ognuno di noi possa dare gloria a Dio soprattutto con la vita, con una vita spesa per amore suo e dei fratelli.
Pace agli uomini.
La vera pace – noi lo sappiamo – non è un equilibrio tra forze contrarie. Non è una bella “facciata”, dietro alla quale ci sono contrasti e divisioni. La pace è un impegno di tutti i giorni, ma, la pace è artigianale, che si porta avanti a partire dal dono di Dio, dalla sua grazia che ci ha dato in Gesù Cristo.
Guardando il Bambino nel presepe, Bambino di pace, pensiamo ai bambini che sono le vittime più fragili delle guerre, ma pensiamo anche agli anziani, alle donne maltrattate, ai malati… Le guerre spezzano e feriscono tante vite!
Troppe ne ha spezzate negli ultimi tempi il conflitto in Siria, fomentando odio e vendetta. Continuiamo a pregare il Signore perché risparmi all’amato popolo siriano nuove sofferenze e le parti in conflitto mettano fine ad ogni violenza e garantiscano l’accesso agli aiuti umanitari. Abbiamo visto quanto è potente la preghiera! E sono contento che oggi si uniscano a questa nostra implorazione per la pace in Siria anche credenti di diverse confessioni religiose. Non perdiamo mai il coraggio della preghiera! Il coraggio di dire: Signore, dona la tua pace alla Siria e al mondo intero. E invito anche i non credenti a desiderare la pace, con il loro desiderio, quel desiderio che allarga il cuore: tutti uniti, o con la preghiera o con il desiderio. Ma tutti, per la pace.
Dona pace, bambino, alla Repubblica Centroafricana, spesso dimenticata dagli uomini. Ma tu, Signore, non dimentichi nessuno! E vuoi portare pace anche in quella terra, dilaniata da una spirale di violenza e di miseria, dove tante persone sono senza casa, acqua e cibo, senza il minimo per vivere. Favorisci la concordia nel Sud-Sudan, dove le tensioni attuali hanno già provocato troppe vittime e minacciano la pacifica convivenza di quel giovane Stato.
Tu, Principe della pace, converti ovunque il cuore dei violenti perché depongano le armi e si intraprenda la via del dialogo. Guarda alla Nigeria, lacerata da continui attacchi che non risparmiano gli innocenti e gli indifesi. Benedici la Terra che hai scelto per venire nel mondo e fa’ giungere a felice esito i negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi. Sana le piaghe dell’amato Iraq, colpito ancora da frequenti attentati.
Tu, Signore della vita, proteggi quanti sono perseguitati a causa del tuo nome. Dona speranza e conforto ai profughi e ai rifugiati, specialmente nel Corno d’Africa e nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Fa’ che i migranti in cerca di una vita dignitosa trovino accoglienza e aiuto. Tragedie come quelle a cui abbiamo assistito quest’anno, con i numerosi morti a Lampedusa, non accadano mai più!
O Bambino di Betlemme, tocca il cuore di quanti sono coinvolti nella tratta di esseri umani, affinché si rendano conto della gravità di tale delitto contro l’umanità. Volgi il tuo sguardo ai tanti bambini che vengono rapiti, feriti e uccisi nei conflitti armati, e a quanti vengono trasformati in soldati, derubati della loro infanzia.
Signore del cielo e della terra, guarda a questo nostro pianeta, che spesso la cupidigia e l’avidità degli uomini sfrutta in modo indiscriminato. Assisti e proteggi quanti sono vittime di calamità naturali, soprattutto il caro popolo filippino, gravemente colpito dal recente tifone.
Cari fratelli e sorelle, in questo mondo, in questa umanità oggi è nato il Salvatore, che è Cristo Signore. Fermiamoci davanti al Bambino di Betlemme. Lasciamo che il nostro cuore si commuova: non abbiamo paura di questo. Non abbiamo paura che il nostro cuore si commuova! Abbiamo bisogno che il nostro cuore si commuova. Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio; abbiamo bisogno delle sue carezze. Le carezze di Dio non fanno ferite: le carezze di Dio ci danno pace e forza. Abbiamo bisogno delle sue carezze. Dio è grande nell’amore, a Lui la lode e la gloria nei secoli! Dio è pace: chiediamogli che ci aiuti a costruirla ogni giorno, nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nelle nostre città e nazioni, nel mondo intero. Lasciamoci commuovere dalla bontà di Dio.
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Augurio Natalizio dopo il Messaggio Urbi et Orbi
A voi, cari fratelli e sorelle, giunti da ogni parte del mondo in questa Piazza, e a quanti da diversi Paesi siete collegati attraverso i mezzi di comunicazione, rivolgo il mio augurio: buon Natale!
In questo giorno illuminato dalla speranza evangelica che proviene dall’umile grotta di Betlemme, invoco il dono natalizio della gioia e della pace per tutti: per i bambini e gli anziani, per i giovani e le famiglie, per i poveri e gli emarginati. Gesù, nato per noi, conforti quanti sono provati dalla malattia e dalla sofferenza; sostenga coloro che si dedicano al servizio dei fratelli più bisognosi. Buon Natale a tutti!
 

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Messaggio Da libero pensatore Gio Gen 02, 2014 12:37 pm

SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO
XLVII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Mercoledì, 1° gennaio 2014


Cari fratelli e sorelle, buongiorno e buon anno!

All’inizio del nuovo anno rivolgo a tutti voi gli auguri di pace e di ogni bene. Il mio augurio è quello della Chiesa, è quello cristiano! Non è legato al senso un po’ magico e un po’ fatalistico di un nuovo ciclo che inizia. Noi sappiamo che la storia ha un centro: Gesù Cristo, incarnato, morto e risorto, che è vivo tra noi; ha un fine: il Regno di Dio, Regno di pace, di giustizia, di libertà nell’amore; e ha una forza che la muove verso quel fine: la forza è lo Spirito Santo. Tutti noi abbiamo lo Spirito Santo che abbiamo ricevuto nel Battesimo, e Lui ci spinge ad andare avanti nella strada della vita cristiana, nella strada della storia, verso il Regno di Dio.

Questo Spirito è la potenza d’amore che ha fecondato il grembo della Vergine Maria; ed è lo stesso che anima i progetti e le opere di tutti i costruttori di pace. Dove è un uomo o una donna costruttore di pace, è proprio lo Spirito Santo che li aiuta, li spinge a fare la pace. Due strade si incrociano oggi: festa di Maria Santissima Madre di Dio e Giornata Mondiale della Pace. Otto giorni fa è risuonato l’annuncio angelico: “Gloria a Dio e pace agli uomini”; oggi lo accogliamo nuovamente dalla Madre di Gesù, che «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19), per farne il nostro impegno nel corso dell’anno che si apre.

Il tema di questa Giornata Mondiale della Pace è «Fraternità, fondamento e via per la pace». Fraternità: sulla scia dei miei Predecessori, a partire da Paolo VI, ho sviluppato il tema in un Messaggio, già diffuso e che oggi idealmente consegno a tutti. Alla base c’è la convinzione che siamo tutti figli dell’unico Padre celeste, facciamo parte della stessa famiglia umana e condividiamo un comune destino. Da qui deriva per ciascuno la responsabilità di operare affinché il mondo diventi una comunità di fratelli che si rispettano, si accettano nelle loro diversità e si prendono cura gli uni degli altri. Siamo anche chiamati a renderci conto delle violenze e delle ingiustizie presenti in tante parti del mondo e che non possono lasciarci indifferenti e immobili: c’è bisogno dell’impegno di tutti per costruire una società veramente più giusta e solidale. Ieri ho ricevuto una lettera di un signore, forse uno di voi, che mettendomi a conoscenza di una tragedia familiare, successivamente elencava tante tragedie e guerre oggi, nel mondo, e mi domandava: cosa succede nel cuore dell’uomo, che è portato a fare tutto questo? E diceva, alla fine: “E’ ora di fermarsi”. Anche io credo che ci farà bene fermarci in questa strada di violenza, e cercare la pace. Fratelli e sorelle, faccio mie le parole di quest’uomo: cosa succede nel cuore dell’uomo? Cosa succede nel cuore dell’umanità? E’ ora di fermarsi!

Da ogni angolo della terra, oggi i credenti elevano la preghiera per chiedere al Signore il dono della pace e la capacità di portarla in ogni ambiente. In questo primo giorno dell’anno, il Signore ci aiuti ad incamminarci tutti con più decisione sulle vie della giustizia e della pace. E incominciamo a casa! Giustizia e pace a casa, tra noi. Si incomincia a casa e poi si va avanti, a tutta l’umanità. Ma dobbiamo incominciare a casa. Lo Spirito Santo agisca nei cuori, sciolga le chiusure e le durezze e ci conceda di intenerirci davanti alla debolezza del Bambino Gesù. La pace, infatti, richiede la forza della mitezza, la forza nonviolenta della verità e dell’amore.

Nelle mani di Maria, Madre del Redentore, poniamo con fiducia filiale le nostre speranze. A lei, che estende la sua maternità a tutti gli uomini, affidiamo il grido di pace delle popolazioni oppresse dalla guerra e dalla violenza, perché il coraggio del dialogo e della riconciliazione prevalga sulle tentazioni di vendetta, di prepotenza, di corruzione. A lei chiediamo che il Vangelo della fraternità, annunciato e testimoniato dalla Chiesa, possa parlare ad ogni coscienza e abbattere i muri che impediscono ai nemici di riconoscersi fratelli.



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Dopo l'Angelus:

Fratelli e sorelle,

desidero ringraziare il Presidente della Repubblica Italiana per le espressioni augurali che mi ha rivolto ieri sera, durante il suo Messaggio alla Nazione. Ricambio di cuore, invocando la benedizione del Signore sul popolo italiano, affinché, con il contributo responsabile e solidale di tutti, possa guardare al futuro con fiducia e speranza.

Saluto con gratitudine le tante iniziative di preghiera e impegno per la pace che si svolgono in ogni parte del mondo in occasione della Giornata Mondiale della Pace. Ricordo, in particolare, la Marcia nazionale che ha avuto luogo ieri sera a Campobasso, organizzata da CEI, Caritas e Pax Christi. Saluto i partecipanti alla manifestazione “Pace in tutte le terre”, promossa a Roma e in molti Paesi dalla Comunità di Sant’Egidio. Come pure le famiglie del Movimento dell’Amore Familiare, che hanno vegliato stanotte in Piazza San Pietro. Grazie! Grazie per questa preghiera.

Rivolgo un saluto cordiale a tutti i pellegrini presenti, alle famiglie, ai gruppi di giovani. Un pensiero speciale va ai “Cantori della Stella” – Sternsinger –, cioè bambini e ragazzi che in Germania e Austria portano nelle case la benedizione di Gesù e raccolgono offerte per i bambini che mancano del necessario. Grazie del vostro impegno! E saluto anche gli amici e i volontari della Fraterna Domus.

A tutti auguro un anno di pace nella grazia del Signore e con la protezione materna di Maria, che oggi invochiamo con il titolo “Madre di Dio”. Cosa vi sembra se tutti insieme la salutiamo, adesso, dicendo tre volte “Santa Madre di Dio”? Tutti insieme: Santa Madre di Dio! Santa Madre di Dio! Santa Madre di Dio! Buon inizio dell’anno, buon pranzo e arrivederci!



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Messaggio Da libero pensatore Lun Gen 06, 2014 4:56 pm

SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA DEL SIGNORE

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Lunedì, 6 gennaio 2014
 

Cari fratelli e sorelle buongiorno!

Oggi celebriamo l’Epifania, cioè la “manifestazione” del Signore. Questa solennità è legata al racconto biblico della venuta dei magi dall’Oriente a Betlemme per rendere omaggio al Re dei Giudei: un episodio che il Papa Benedetto ha commentato magnificamente nel suo libro sull’infanzia di Gesù. Quella fu appunto la prima “manifestazione” di Cristo alle genti. Perciò l’Epifania mette in risalto l’apertura universale della salvezza portata da Gesù. La Liturgia di questo giorno acclama: «Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra», perché Gesù è venuto per tutti noi, per tutti i popoli, per tutti!

In effetti, questa festa ci fa vedere un duplice movimento: da una parte il movimento di Dio verso il mondo, verso l’umanità - tutta la storia della salvezza, che culmina in Gesù -; e dall’altra parte il movimento degli uomini verso Dio - pensiamo alle religioni, alla ricerca della verità, al cammino dei popoli verso la pace, la pace interiore, la giustizia, la libertà -. E questo duplice movimento è mosso da una reciproca attrazione. Da parte di Dio, che cosa lo attrae? E’ l’amore per noi: siamo suoi figli, ci ama, e vuole liberarci dal male, dalle malattie, dalla morte, e portarci nella sua casa, nel suo Regno. «Dio, per pura grazia, ci attrae per unirci a Sé» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 112). E anche da parte nostra c’è un amore, un desiderio: il bene sempre ci attrae, la verità ci attrae, la vita, la felicità, la bellezza ci attrae… Gesù è il punto d’incontro di questa attrazione reciproca, di questo duplice movimento. E’ Dio e uomo: Gesù. Dio e uomo. Ma chi prende l’iniziativa? Sempre Dio! L’amore di Dio viene sempre prima del nostro! Lui sempre prende l’iniziativa. Lui ci aspetta, Lui ci invita, l’iniziativa è sempre sua. Gesù è Dio che si è fatto uomo, si è incarnato, è nato per noi. La nuova stella che apparve ai magi era il segno della nascita di Cristo. Se non avessero visto la stella, quegli uomini non sarebbero partiti. La luce ci precede, la verità ci precede, la bellezza ci precede. Dio ci precede. Il profeta Isaia diceva che Dio è come il fiore del mandorlo. Perché? Perché in quella terra il mandorlo è il primo che fiorisce. E Dio sempre precede, sempre per primo ci cerca, Lui fa il primo passo. Dio ci precede sempre. La sua grazia ci precede e questa grazia è apparsa in Gesù. Lui è l’epifania. Lui, Gesù Cristo, è la manifestazione dell’amore di Dio. E’ con noi.

La Chiesa sta tutta dentro questo movimento di Dio verso il mondo: la sua gioia è il Vangelo, è riflettere la luce di Cristo. La Chiesa è il popolo di coloro, che hanno sperimentato questa attrazione e la portano dentro, nel cuore nella vita. «Mi piacerebbe – sinceramente - mi piacerebbe dire a quelli che si sentono lontani da Dio e dalla Chiesa - dirlo rispettosamente - dire a quelli che sono timorosi e indifferenti: il Signore chiama anche te, ti chiama ad essere parte del suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore!» (ibid., 113). Il Signore ti chiama. Il Signore ti cerca. Il Signore ti aspetta. Il Signore non fa proselitismo, dà amore, e questo amore ti cerca, ti aspetta, te che in questo momento non credi o sei lontano. E questo è l’amore di Dio.

Chiediamo a Dio, per tutta la Chiesa, chiediamo la gioia di evangelizzare, perché «da Cristo è stata inviata a rivelare e a comunicare la carità di Dio a tutti i popoli» (Ad gentes, 10). La Vergine Maria ci aiuti ad essere tutti discepoli-missionari, piccole stelle che riflettono la sua luce. E preghiamo perché i cuori si aprano ad accogliere l’annuncio, e tutti gli uomini giungano «ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo» (Ef 3,6).


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Dopo l'Angelus:

Fratelli e sorelle,

rivolgo i miei cordiali auguri ai fratelli e alle sorelle delle Chiese Orientali che domani celebreranno il Santo Natale. La pace che Dio ha donato all’umanità con la nascita di Gesù, Verbo incarnato, rafforzi in tutti la fede, la speranza e la carità, e dia conforto alle comunità cristiane, alle Chiese che sono nella prova.

L’Epifania è la Giornata missionaria dei bambini, proposta dalla Pontificia Opera della Santa Infanzia. Tanti ragazzi, nelle parrocchie, sono protagonisti di gesti di solidarietà verso i loro coetanei, e così allargano gli orizzonti della loro fraternità. Cari bambini e ragazzi, con la vostra preghiera e il vostro impegno voi collaborate alla missione della Chiesa. Vi ringrazio per questo e vi benedico!

Saluto tutti voi qui presenti: famiglie, gruppi parrocchiali e associazioni. In particolare saluto i giovani del Movimento Tra Noi e quelli dell’Oratorio San Vittore di Verbania; gli scout di Minori e di Castelforte; il coro Sant’Antonio di Lamezia Terme; il coro di Gozo “Laudate Pueri”, che ha animato assieme alla Cappella Sistina i canti della liturgia di oggi; la scuola cattolica “Giacomo Sichirollo” di Rovigo; e i partecipanti al corteo storico-folcloristico, che quest’anno è animato dalle famiglie della città di Leonessa e di altre località in Provincia di Rieti. A tutti auguro una buona festa dell’Epifania e buon pranzo e arrivederci!

     



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Messaggio Da libero pensatore Dom Gen 12, 2014 6:59 pm

FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 12 gennaio 2014

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi è la festa del Battesimo del Signore. Stamattina ho battezzato trentadue neonati. Ringrazio con voi il Signore per queste creature e per ogni nuova vita. A me piace battezzare bambini. Mi piace tanto! Ogni bambino che nasce è un dono di gioia e di speranza, e ogni bambino che viene battezzato è un prodigio della fede e una festa per la famiglia di Dio.

L’odierna pagina del Vangelo sottolinea che, quando Gesù ebbe ricevuto il battesimo da Giovanni nel fiume Giordano, «si aprirono per lui i cieli» (Mt 3,16). Questo realizza le profezie. Infatti, c’è una invocazione che la liturgia ci fa ripetere nel tempo di Avvento: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63,19). Se i cieli rimangono chiusi, il nostro orizzonte in questa vita terrena è buio, senza speranza. Invece, celebrando il Natale, la fede ancora una volta ci ha dato la certezza che i cieli si sono squarciati con la venuta di Gesù. E nel giorno del battesimo di Cristo ancora contempliamo i cieli aperti. La manifestazione del Figlio di Dio sulla terra segna l’inizio del grande tempo della misericordia, dopo che il peccato aveva chiuso i cieli, elevando come una barriera tra l’essere umano e il suo Creatore. Con la nascita di Gesù i cieli si aprono! Dio ci dà nel Cristo la garanzia di un amore indistruttibile. Da quando il Verbo si è fatto carne è dunque possibile vedere i cieli aperti. È stato possibile per i pastori di Betlemme, per i Magi d’Oriente, per il Battista, per gli Apostoli di Gesù, per santo Stefano, il primo martire, che esclamò: «Contemplo i cieli aperti!» (At 7,56). Ed è possibile anche per ognuno di noi, se ci lasciamo invadere dall’amore di Dio, che ci viene donato la prima volta nel Battesimo per mezzo dello Spirito Santo. Lasciamoci invadere dall’amore di Dio! Questo è il grande tempo della misericordia! Non dimenticatelo: questo è il grande tempo della misericordia!

Quando Gesù ricevette il battesimo di penitenza da Giovanni il Batti­sta, solidarizzando con il popolo penitente - Lui senza peccato e non bisognoso di con­versione -, Dio Padre fece udire la sua voce dal cielo: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento» (v.17). Gesù riceve l’approvazione del Padre celeste, che l’ha inviato proprio perché accetti di condividere la nostra condizione, la nostra povertà. Condividere è il vero modo di amare. Gesù non si dissocia da noi, ci considera fratelli e condivide con noi. E così ci rende figli, insieme con Lui, di Dio Padre. Questa è la rivelazione e la fonte del vero amore. E questo è il grande tempo della misericordia!

Non vi sembra che nel no­stro tempo ci sia bisogno di un supplemento di condivisione fraterna e di amore? Non vi sembra che ab­biamo tutti bisogno di un supplemento di carità? Non quella che si accontenta dell’aiuto estempo­raneo che non coinvolge, non mette in gioco, ma quella carità che condivide, che si fa carico del disagio e della sofferenza del fratello. Quale sapore acquista la vita, quando ci si lascia inondare dall’amore di Dio!

Chiediamo alla Vergine Santa di sostenerci con la sua intercessione nel nostro impegno di seguire Cristo sulla via della fede e della carità, la via tracciata dal nostro Battesimo.



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Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

rivolgo a tutti voi il mio saluto cordiale, in particolare alle famiglie e ai fedeli venuti da diverse parrocchie dall’Italia e da altri Paesi, come pure alle associazioni e ai vari gruppi.

Oggi un pensiero speciale vorrei rivolgerlo ai genitori che hanno portato i loro figli al Battesimo e a coloro che stanno preparando il Battesimo di un loro figlio. Mi unisco alla gioia di queste famiglie, ringrazio con loro il Signore, e prego perché il Battesimo dei bambini aiuti gli stessi genitori a riscoprire la bellezza della fede e a ritornare in modo nuovo ai Sacramenti e alla comunità.

Come è stato già annunciato il prossimo 22 febbraio, festa della Cattedra di San Pietro, avrò la gioia di tenere un Concistoro, durante il quale nominerò 16 nuovi Cardinali, che - appartenenti a 12 nazioni di ogni parte del mondo - rappresentano il profondo rapporto ecclesiale fra la Chiesa di Roma e le altre Chiese sparse per il mondo.

Il giorno seguente presiederò una solenne concelebrazione con i nuovi Cardinali, mentre il 20 e il 21 febbraio terrò un Concistoro con tutti i cardinali per riflettere sul tema della famiglia.

Ecco i nomi dei nuovi Cardinali:

1 – Mons. Pietro Parolin, Arcivescovo titolare di Acquapendente, Segretario di Stato.

2 – Mons. Lorenzo Baldisseri, Arcivescovo titolare di Diocleziana, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi.

3 - Mons. Gerhard Ludwig Müller, Arcivescovo-Vescovo emerito di Regensburg, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

4 – Mons. Beniamino Stella, Arcivescovo titolare di Midila, Prefetto della Congregazione per il Clero.

5 – Mons. Vincent Gerard Nichols, Arcivescovo di Westminster (Gran Bretagna).

6 – Mons. Leopoldo José Brenes Solórzano, Arcivescovo di Managua (Nicaragua).

7 – Mons. Gérald Cyprien Lacroix, Arcivescovo di Québec (Canada).

8 – Mons. Jean-Pierre Kutwa, Arcivescovo di Abidjan (Costa d’Avorio).

9 – Mons. Orani João Tempesta, O.Cist., Arcivescovo di Rio de Janeiro (Brasile).

10 – Mons. Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve (Italia).

11 – Mons. Mario Aurelio Poli, Arcivescovo di Buenos Aires (Argentina).

12 – Mons. Andrew Yeom Soo jung, Arcivescovo di Seoul (Korea).

13 – Mons. Ricardo Ezzati Andrello, S.D.B., Arcivescovo di Santiago del Cile (Cile).

14 – Mons. Philippe Nakellentuba Ouédraogo, Arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso).

15 – Mons. Orlando B. Quevedo, O.M.I., Arcivescovo di Cotabato (Filippine).

16 – Mons. Chibly Langlois, Vescovo di Les Cayes (Haïti).

Insieme ad essi, unirò ai membri del Collegio Cardinalizio tre Arcivescovi emeriti che si sono distinti per il loro servizio alla Santa Sede e alla Chiesa:

Mons. Loris Francesco Capovilla, Arcivescovo titolare di Mesembria;

Mons. Fernando Sebastián Aguilar, Arcivescovo emerito di Pamplona;

Mons. Kelvin Edward Felix, Arcivescovo emerito di Castries, nelle Antille.

Preghiamo per i nuovi Cardinali, affinché rivestiti delle virtù e dei sentimenti del Signore Gesù, Buon Pastore, possano aiutare più efficacemente il Vescovo di Roma nel suo servizio alla Chiesa universale.

A tutti auguro una buona domenica e buon pranzo. Arrivederci!




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Messaggio Da libero pensatore Dom Gen 19, 2014 6:31 pm

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 19 gennaio 2014



Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Con la festa del Battesimo del Signore, celebrata domenica scorsa, siamo entrati nel tempo liturgico chiamato “ordinario”. In questa seconda domenica, il Vangelo ci presenta la scena dell’incontro tra Gesù e Giovanni Battista, presso il fiume Giordano. Chi la racconta è il testimone oculare, Giovanni Evangelista, che prima di essere discepolo di Gesù era discepolo del Battista, insieme col fratello Giacomo, con Simone e Andrea, tutti della Galilea, tutti pescatori. Il Battista dunque vede Gesù che avanza tra la folla e, ispirato dall’alto, riconosce in Lui l’inviato di Dio, per questo lo indica con queste parole: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1,29).

Il verbo che viene tradotto con “toglie” significa letteralmente “sollevare”, “prendere su di sé”. Gesù è venuto nel mondo con una missione precisa: liberarlo dalla schiavitù del peccato, caricandosi le colpe dell’umanità. In che modo? Amando. Non c’è altro modo di vincere il male e il peccato se non con l’amore che spinge al dono della propria vita per gli altri. Nella testimonianza di Giovanni Battista, Gesù ha i tratti del Servo del Signore, che «si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori» (Is 53,4), fino a morire sulla croce. Egli è il vero agnello pasquale, che si immerge nel fiume del nostro peccato, per purificarci.

Il Battista vede dinanzi a sé un uomo che si mette in fila con i peccatori per farsi battezzare, pur non avendone bisogno. Un uomo che Dio ha mandato nel mondo come agnello immolato. Nel Nuovo Testamento il termine “agnello” ricorre più volte e sempre in riferimento a Gesù. Questa immagine dell’agnello potrebbe stupire; infatti, un animale che non si caratterizza certo per forza e robustezza si carica sulle proprie spalle un peso così opprimente. La massa enorme del male viene tolta e portata via da una creatura debole e fragile, simbolo di obbedienza, docilità e di amore indifeso, che arriva fino al sacrificio di sé. L’agnello non è un dominatore, ma è docile; non è aggressivo, ma pacifico; non mostra gli artigli o i denti di fronte a qualsiasi attacco, ma sopporta ed è remissivo. E così è Gesù! Così è Gesù, come un agnello.

Che cosa significa per la Chiesa, per noi, oggi, essere discepoli di Gesù Agnello di Dio? Significa mettere al posto della malizia l’innocenza, al posto della forza l’amore, al posto della superbia l’umiltà, al posto del prestigio il servizio. È un buon lavoro! Noi cristiani dobbiamo fare questo: mettere al posto della malizia l’innocenza, al posto della forza l’amore, al posto della superbia l’umiltà, al posto del prestigio il servizio. Essere discepoli dell’Agnello significa non vivere come una “cittadella assediata”, ma come una città posta sul monte, aperta, accogliente, solidale. Vuol dire non assumere atteggiamenti di chiusura, ma proporre il Vangelo a tutti, testimoniando con la nostra vita che seguire Gesù ci rende più liberi e più gioiosi.


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Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

oggi si celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, sul tema “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore”, che ho sviluppato nel Messaggio pubblicato già da tempo. Rivolgo un saluto speciale alle rappresentanze di diverse comunità etniche qui convenute, in particolare alle comunità cattoliche di Roma. Cari amici, voi siete vicini al cuore della Chiesa, perché la Chiesa è un popolo in cammino verso il Regno di Dio, che Gesù Cristo ha portato in mezzo a noi. Non perdete la speranza di un mondo migliore! Vi auguro di vivere in pace nei Paesi che vi accolgono, custodendo i valori delle vostre culture di origine. Vorrei ringraziare coloro che lavorano con i migranti per accoglierli e accompagnarli nei loro momenti difficili, per difenderli da quelli che il beato Scalabrini definiva “i mercanti di carne umana”, che vogliono schiavizzare i migranti! In modo particolare, intendo ringraziare la Congregazione dei Missionari di San Carlo, i padri e le suore Scalabriniani che tanto bene fanno alla Chiesa e si fanno migranti con i migranti.

In questo momento pensiamo ai tanti migranti, tanti rifugiati, alle loro sofferenze, alla loro vita, tante volte senza lavoro, senza documenti, tanto dolore; e possiamo tutti insieme rivolgere una preghiera per i migranti e i rifugiati che vivono situazioni più gravi e più difficili: Ave Maria…

Saluto con affetto tutti voi, cari fedeli provenienti da diverse parrocchie d’Italia e di altri Paesi, come pure le associazioni e i vari gruppi. In particolare, saluto i pellegrini spagnoli di Pontevedra, La Coruña, Murcia e gli studenti di Badajoz. Saluto gli ex-allievi dell’Opera Don Orione, l’Associazione Laici Amore Misericordioso e la Corale “San Francesco” di Montelupone.

A tutti auguro una buona domenica e buon pranzo. Arrivederci!



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Messaggio Da libero pensatore Dom Gen 26, 2014 8:53 pm

PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 26 gennaio 2014
Cari fratelli e sorelle buongiorno,
il Vangelo di questa domenica racconta gli inizi della vita pubblica di Gesù nelle città e nei villaggi della Galilea. La sua missione non parte da Gerusalemme, cioè dal centro religioso, centro anche sociale e politico, ma parte da una zona periferica, una zona disprezzata dai giudei più osservanti, a motivo della presenza in quella regione di diverse popolazioni straniere; per questo il profeta Isaia la indica come «Galilea delle genti» (Is 8,23).
E’ una terra di frontiera, una zona di transito dove si incontrano persone diverse per razza, cultura e religione. La Galilea diventa così il luogo simbolico per l’apertura del Vangelo a tutti i popoli. Da questo punto di vista, la Galilea assomiglia al mondo di oggi: compresenza di diverse culture, necessità di confronto e necessità di incontro. Anche noi siamo immersi ogni giorno in una “Galilea delle genti”, e in questo tipo di contesto possiamo spaventarci e cedere alla tentazione di costruire recinti per essere più sicuri, più protetti. Ma Gesù ci insegna che la Buona Novella, che Lui porta, non è riservata a una parte dell’umanità, è da comunicare a tutti. È un lieto annuncio destinato a quanti lo aspettano, ma anche a quanti forse non attendono più nulla e non hanno nemmeno la forza di cercare e di chiedere.
Partendo dalla Galilea, Gesù ci insegna che nessuno è escluso dalla salvezza di Dio, anzi, che Dio preferisce partire dalla periferia, dagli ultimi, per raggiungere tutti. Ci insegna un metodo, il suo metodo, che però esprime il contenuto, cioè la misericordia del Padre. «Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata. Uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 20).
Gesù comincia la sua missione non solo da un luogo decentrato, ma anche da uomini che si direbbero, così si può dire, “di basso profilo”. Per scegliere i suoi primi discepoli e futuri apostoli, non si rivolge alle scuole degli scribi e dei dottori della Legge, ma alle persone umili e alle persone semplici, che si preparano con impegno alla venuta del Regno di Dio. Gesù va a chiamarli là dove lavorano, sulla riva del lago: sono pescatori. Li chiama, ed essi lo seguono, subito. Lasciano le reti e vanno con Lui: la loro vita diventerà un’avventura straordinaria e affascinante.
Cari amici e amiche, il Signore chiama anche oggi! Il Signore passa per le strade della nostra vita quotidiana. Anche oggi in questo momento, qui, il Signore passa per la piazza. Ci chiama ad andare con Lui, a lavorare con Lui per il Regno di Dio, nelle “Galilee” dei nostri tempi. Ognuno di voi pensi: il Signore passa oggi, il Signore mi guarda, mi sta guardando! Cosa mi dice il Signore? E se qualcuno di voi sente che il Signore gli dice “seguimi” sia coraggioso, vada con il Signore. Il Signore non delude mai. Sentite nel vostro cuore se il Signore vi chiama a seguirlo. Lasciamoci raggiungere dal suo sguardo, dalla sua voce, e seguiamolo! «Perché la gioia del Vangelo giunga sino ai confini della terra e nessuna periferia sia priva della sua luce» (ibid., 288).
Dopo l'Angelus:
Adesso voi vedete che non sono solo: sono in compagnia di due di voi, che sono saliti qui. Sono bravi questi due!
Si celebra oggi la Giornata mondiale dei malati di lebbra. Questa malattia, pur essendo in regresso, purtroppo colpisce ancora molte persone in condizione di grave miseria. E’ importante mantenere viva la solidarietà con questi fratelli e sorelle. Ad essi assicuriamo la nostra preghiera; e preghiamo anche per tutti coloro che li assistono e, in diversi modi, si impegnano a sconfiggere questo morbo.
Sono vicino con la preghiera all’Ucraina, in particolare a quanti hanno perso la vita in questi giorni e alle loro famiglie. Auspico che si sviluppi un dialogo costruttivo tra le istituzioni e la società civile e, evitando ogni ricorso ad azioni violente, prevalgano nel cuore di ciascuno lo spirito di pace e la ricerca del bene comune!
Oggi ci sono tanti bambini in piazza! Tanti! Anche con loro vorrei rivolgere un pensiero a Cocò Campolongo, che a tre anni è stato bruciato in macchina a Cassano allo Jonio. Questo accanimento su un bambino così piccolo sembra non avere precedenti nella storia della criminalità. Preghiamo con Cocò, che sicuro è con Gesù in cielo, per le persone che hanno fatto questo reato, perché si pentano e si convertano al Signore.
Nei prossimi giorni, milioni di persone, che vivono nell’Estremo Oriente o sparse in varie parti del mondo, tra cui cinesi, coreani e vietnamiti, celebrano il capodanno lunare. A tutti loro auguro un’esistenza colma di gioia e di speranza. L’anelito insopprimibile alla fraternità, che alberga nel loro cuore, trovi nell’intimità della famiglia il luogo privilegiato dove possa essere scoperto, educato e realizzato. Sarà questo un prezioso contributo alla costruzione di un mondo più umano, in cui regna la pace.
Ieri, a Napoli, è stata proclamata Beata Maria Cristina di Savoia, vissuta nella prima metà del secolo diciannovesimo, regina delle due Sicilie. Donna di profonda spiritualità e di grande umiltà, seppe farsi carico delle sofferenze del suo popolo, diventando vera madre dei poveri. Il suo straordinario esempio di carità testimonia che la vita buona del Vangelo è possibile in ogni ambiente e condizione sociale.
Saluto con affetto tutti voi, cari pellegrini venuti da diverse parrocchie d’Italia e di altri Paesi, come pure le associazioni, i gruppi scolastici e altri. In particolare, saluto gli studenti di Cuenca (Spagna) e le ragazze di Panamá. Saluto i fedeli di Caltanissetta, Priolo Gargallo, San Severino Marche e San Giuliano Milanese, e gli ex-allievi della Scuola di Minoprio. Vorrei anche esprimere la mia vicinanza alle popolazioni alluvionate in Emilia.
Mi rivolgo adesso ai ragazzi e ragazze dell’Azione Cattolica della Diocesi di Roma! Cari ragazzi, anche quest’anno, accompagnati dal Cardinale Vicario, siete venuti numerosi al termine della vostra “Carovana della Pace”. Vi ringrazio! Vi ringrazio tanto! Ascoltiamo ora il messaggio che i vostri amici, qui accanto a me, ci leggeranno
[lettura del messaggio]
Ed ora questi due bravi ragazzi lanceranno le colombe, simbolo di pace.
A tutti auguro buona domenica e buon pranzo. Arrivederci!

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Messaggio Da libero pensatore Lun Feb 24, 2014 6:54 pm

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 23 febbraio 2014


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nella seconda Lettura di questa domenica, san Paolo afferma: «Nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor 3,23). Perché dice questo l’Apostolo? Perché il problema che si trova di fronte è quello delle divisioni nella comunità di Corinto, dove si erano formati dei gruppi che si riferivano ai vari predicatori considerandoli loro capi; dicevano: «Io sono di Paolo, io sono di Apollo, io sono di Cefa…» (1,12). San Paolo spiega che questo modo di pensare è sbagliato, perché la comunità non appartiene agli apostoli, ma sono loro - gli apostoli - ad appartenere alla comunità; però la comunità, tutta intera, appartiene a Cristo!

Da questa appartenenza deriva che nelle comunità cristiane – diocesi, parrocchie, associazioni, movimenti – le differenze non possono contraddire il fatto che tutti, per il Battesimo, abbiamo la stessa dignità: tutti, in Gesù Cristo, siamo figli di Dio. E questa è la nostra dignità: in Gesù Cristo siamo figli di Dio! Coloro che hanno ricevuto un ministero di guida, di predicazione, di amministrare i Sacramenti, non devono ritenersi proprietari di poteri speciali, padroni, ma porsi al servizio della comunità, aiutandola a percorrere con gioia il cammino della santità.

La Chiesa oggi affida la testimonianza di questo stile di vita pastorale ai nuovi Cardinali, con i quali ho celebrato questa mattina la santa Messa. Possiamo salutare tutti i nuovi Cardinali, con un applauso. Salutiamo tutti! Il Concistoro di ieri e l’odierna Celebrazione eucaristica ci hanno offerto un’occasione preziosa per sperimentare la cattolicità, l’universalità della Chiesa, ben rappresentata dalla variegata provenienza dei membri del Collegio Cardinalizio, raccolti in stretta comunione attorno al Successore di Pietro. E che il Signore ci dia la grazia di lavorare per l’unità della Chiesa, di costruire questa unità, perché l’unità è più importante dei conflitti! L’unità della Chiesa è di Cristo, i conflitti sono problemi che non sempre sono di Cristo.

I momenti liturgici e di festa, che abbiamo avuto l’opportunità di vivere nel corso delle ultime due giornate, rafforzino in tutti noi la fede, l’amore per Cristo e per la sua Chiesa! Vi invito anche a sostenere questi Pastori e ad assisterli con la preghiera, affinché guidino sempre con zelo il popolo che è stato loro affidato, mostrando a tutti la tenerezza e l’amore del Signore. Ma quanto bisogno di preghiera ha un Vescovo, un Cardinale, un Papa, affinché possa aiutare ad andare avanti il Popolo di Dio! Dico “aiutare”, cioè servire il Popolo di Dio, perché la vocazione del Vescovo, del Cardinale e del Papa è proprio questa: essere servitore, servire in nome di Cristo. Pregate per noi, perché siamo buoni servitori: buoni servitori, non buoni padroni! Tutti insieme, Vescovi, presbiteri, persone consacrate e fedeli laici dobbiamo offrire la testimonianza di una Chiesa fedele a Cristo, animata dal desiderio di servire i fratelli e pronta ad andare incontro con coraggio profetico alle attese e alle esigenze spirituali degli uomini e delle donne del nostro tempo. La Madonna ci accompagni e ci protegga in questo cammino.


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Dopo l'Angelus:

Saluto tutti i pellegrini presenti, in particolare quelli venuti in occasione del Concistoro, per accompagnare i nuovi Cardinali; e ringrazio molto i Paesi che hanno voluto essere presenti a questo evento con Delegazioni ufficiali.

Saluto gli studenti di Tolosa e la comunità dei venezuelani residenti in Italia.

Saluto i fedeli di Caltanissetta, Reggio Calabria, Sortino, Altamura, Ruvo e Lido degli Estensi; i ragazzi di Reggio Emilia e quelli della diocesi di Lodi; l’Associazione ciclistica di Agrigento e i volontari della Protezione Civile della Bassa Padovana.

A tutti auguro buona domenica, buon pranzo. Arrivederci!





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Messaggio Da libero pensatore Dom Mar 23, 2014 8:36 pm

PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO PROMOSSO DALLA ASSOCIAZIONE "LIBERA"
Parrocchia di San Gregorio VII, Roma
Venerdì, 21 marzo 2014
Cari fratelli e sorelle,
grazie di avere fatto questa tappa a Roma, che mi dà la possibilità di incontrarvi, prima della veglia e della “Giornata della memoria e dell’impegno” che vivrete stasera e domani a Latina. Ringrazio Don Luigi Ciotti e i suoi collaboratori, e anche i Padri Francescani di questa parrocchia. Saluto anche il vescovo di Latina, Mons. Crociata, qui presente. Grazie, Eccellenza.
Il desiderio che sento è di condividere con voi una speranza, ed è questa: che il senso di responsabilità piano piano vinca sulla corruzione, in ogni parte del mondo… E questo deve partire da dentro, dalle coscienze, e da lì risanare, risanare i comportamenti, le relazioni, le scelte, il tessuto sociale, così che la giustizia guadagni spazio, si allarghi, si radichi, e prenda il posto dell’inequità.
So che voi sentite fortemente questa speranza, e voglio condividerla con voi, dirvi che vi sarò vicino anche questa notte e domani, a Latina – pur se non potrò venire fisicamente, ma sarò con voi in questo cammino, che richiede tenacia, perseveranza.
In particolare, voglio esprimere la mia solidarietà a quanti tra voi hanno perso una persona cara, vittima della violenza mafiosa. Grazie per la vostra testimonianza, perché non vi siete chiusi, ma vi siete aperti, siete usciti, per raccontare la vostra storia di dolore e di speranza. Questo è tanto importante, specialmente per i giovani!
Vorrei pregare con voi – e lo faccio di cuore – per tutte le vittime delle mafie. Anche pochi giorni fa, vicino a Taranto, c’è stato un delitto che non ha avuto pietà nemmeno di un bambino. Ma nello stesso tempo preghiamo insieme, tutti quanti, per chiedere la forza di andare avanti, di non scoraggiarci, ma di continuare a lottare contro la corruzione.
E sento che non posso finire senza dire una parola ai grandi assenti, oggi, ai protagonisti assenti: agli uomini e alle donne mafiosi. Per favore, cambiate vita, convertitevi, fermatevi, smettete di fare il male! E noi preghiamo per voi. Convertitevi, lo chiedo in ginocchio; è per il vostro bene. Questa vita che vivete adesso, non vi darà piacere, non vi darà gioia, non vi darà felicità. Il potere, il denaro che voi avete adesso da tanti affari sporchi, da tanti crimini mafiosi, è denaro insanguinato, è potere insanguinato, e non potrete portarlo nell’altra vita. Convertitevi, ancora c’è tempo, per non finire all’inferno. E’ quello che vi aspetta se continuate su questa strada. Voi avete avuto un papà e una mamma: pensate a loro. Piangete un po’ e convertitevi.
Preghiamo insieme la nostra Madre Maria che ci aiuti: Ave Maria…


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Messaggio Da libero pensatore Dom Mar 23, 2014 8:37 pm

PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
III Domenica di Quaresima, 23 marzo 2014

Cari fratelli e sorelle buongiorno!
Il Vangelo di oggi ci presenta l’incontro di Gesù con la donna samaritana, avvenuto a Sicar, presso un antico pozzo dove la donna si recava ogni giorno per attingere acqua. Quel giorno, vi trovò Gesù, seduto, «affaticato per il viaggio» (Gv 4,6). Egli subito le dice: «Dammi da bere» (v. 7). In questo modo supera le barriere di ostilità che esistevano tra giudei e samaritani e rompe gli schemi del pregiudizio nei confronti delle donne. La semplice richiesta di Gesù è l’inizio di un dialogo schietto, mediante il quale Lui, con grande delicatezza, entra nel mondo interiore di una persona alla quale, secondo gli schemi sociali, non avrebbe dovuto nemmeno rivolgere la parola. Ma Gesù lo fa! Gesù non ha paura. Gesù quando vede una persona va avanti, perché ama. Ci ama tutti. Non si ferma mai davanti ad una persona per pregiudizi. Gesù la pone davanti alla sua situazione, non giudicandola ma facendola sentire considerata, riconosciuta, e suscitando così in lei il desiderio di andare oltre la routine quotidiana.
Quella di Gesù era sete non tanto di acqua, ma di incontrare un’anima inaridita. Gesù aveva bisogno di incontrare la Samaritana per aprirle il cuore: le chiede da bere per mettere in evidenza la sete che c’era in lei stessa. La donna rimane toccata da questo incontro: rivolge a Gesù quelle domande profonde che tutti abbiamo dentro, ma che spesso ignoriamo. Anche noi abbiamo tante domande da porre, ma non troviamo il coraggio di rivolgerle a Gesù! La Quaresima, cari fratelli e sorelle, è il tempo opportuno per guardarci dentro, per far emergere i nostri bisogni spirituali più veri, e chiedere l’aiuto del Signore nella preghiera. L’esempio della Samaritana ci invita ad esprimerci così: “Gesù, dammi quell’acqua che mi disseterà in eterno”.
Il Vangelo dice che i discepoli rimasero meravigliati che il loro Maestro parlasse con quella donna. Ma il Signore è più grande dei pregiudizi, per questo non ebbe timore di fermarsi con la Samaritana: la misericordia è più grande del pregiudizio. Questo dobbiamo impararlo bene! La misericordia è più grande del pregiudizio, e Gesù è tanto misericordioso, tanto! Il risultato di quell’incontro presso il pozzo fu che la donna fu trasformata: «lasciò la sua anfora» (v. 28), con la quale veniva a prendere l’acqua, e corse in città a raccontare la sua esperienza straordinaria. “Ho trovato un uomo che mi ha detto tutte le cose che io ho fatto. Che sia il Messia?” Era entusiasta. Era andata a prendere l’acqua del pozzo, e ha trovato un’altra acqua, l’acqua viva della misericordia che zampilla per la vita eterna. Ha trovato l’acqua che cercava da sempre! Corre al villaggio, quel villaggio che la giudicava, la condannava e la rifiutava, e annuncia che ha incontrato il Messia: uno che le ha cambiato la vita. Perché ogni incontro con Gesù ci cambia la vita, sempre. E’ un passo avanti, un passo più vicino a Dio. E così ogni incontro con Gesù ci cambia la vita. Sempre, sempre è così.
In questo Vangelo troviamo anche noi lo stimolo a “lasciare la nostra anfora”, simbolo di tutto ciò che apparentemente è importante, ma che perde valore di fronte all’«amore di Dio». Tutti ne abbiamo una, o più di una! Io domando a voi, anche a me: “Qual è la tua anfora interiore, quella che ti pesa, quella che ti allontana da Dio?”. Lasciamola un po’ da parte e col cuore sentiamo la voce di Gesù che ci offre un’altra acqua, un’altra acqua che ci avvicina al Signore. Siamo chiamati a riscoprire l’importanza e il senso della nostra vita cristiana, iniziata nel Battesimo e, come la Samaritana, a testimoniare ai nostri fratelli. Che cosa? La gioia! Testimoniare la gioia dell’incontro con Gesù, perché ho detto che ogni incontro con Gesù ci cambia la vita, e anche ogni incontro con Gesù ci riempie di gioia, quella gioia che viene da dentro. E così è il Signore. E raccontare quante cose meravigliose sa fare il Signore nel nostro cuore, quando noi abbiamo il coraggio di lasciare da parte la nostra anfora.
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Dopo l'Angelus:
Cari fratelli e sorelle,
adesso ricordiamo le due frasi: ogni incontro con Gesù ci cambia la vita e ogni incontro con Gesù ci riempie di gioia. La diciamo insieme? Ogni incontro con Gesù ci cambia la vita; ogni incontro con Gesù ci riempie di gioia. E’ così.
Domani ricorre la Giornata Mondiale della Tubercolosi: preghiamo per tutte le persone colpite da questa malattia, e per quanti in diversi modi le sostengono.
Venerdì e sabato prossimi vivremo uno speciale momento penitenziale, chiamato “24 ore per il Signore”. Inizierà con la Celebrazione nella Basilica di San Pietro, venerdì pomeriggio, poi nella serata e nella notte alcune chiese del centro di Roma saranno aperte per la preghiera e le Confessioni. Sarà -possiamo chiamarla così - sarà la festa del perdono, che avrà luogo anche in molte diocesi e parrocchie del mondo. Il perdono che ci dà il Signore si deve festeggiare, come ha fatto il padre della parabola del figliol prodigo, che quando il figlio è tornato a casa ha fatto festa, dimenticandosi di tutti i suoi peccati. Sarà la festa del perdono.
E ora vi saluto tutti di cuore, fedeli di Roma e pellegrini di tanti Paesi, in particolare quelli di Zagreb e Zadara in Croazia, e di Bocholt in Germania; la scuola “Capitanio” di Seto-Shi, in Giappone; gli studenti dell’Illinois (Stati Uniti d’America) e quelli di Ferrol (Spagna).
Un saluto particolare rivolgo ai maratoneti e agli organizzatori di questo bell’evento sportivo della nostra città.
Saluto la comunità del Pontificio Collegio Germanico-Ungarico, i responsabili nazionali della FUCI, i catechisti venuti per il corso su “Arte visiva e catechesi”, e i partecipanti al convegno intitolato “Nel concepito il volto di Gesù”.
Un pensiero va ai gruppi di fedeli da Altamura, Matera, Treviglio, Firenze, Salerno, Venezia, Santa Severina e Verdellino; ai ragazzi di Cembra e Lavis, e a quelli di Conversano; ai bambini di Vallemare (Pescara); agli scout di Castel San Pietro; agli studenti di Cagliari e di Gioia Tauro; al gruppo di quattordicenni di Milano.
Saluto infine il Centro di Servizio per il Volontariato della Sardegna; il circolo ACLI di Masate, l’Associazione Famiglia Murialdo, di Napoli; la Polizia Municipale di Orvieto.
A tutti voi auguro una buona domenica e buon pranzo. Arrivederci!

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Messaggio Da libero pensatore Sab Apr 26, 2014 11:21 am

CELEBRAZIONE DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
OMELIA DI PADRE RANIERO CANTALAMESSA, O.F.M. Cap.,
PREDICATORE DELLA CASA PONTIFICIA
Basilica di San Pietro
Venerdì Santo, 18 aprile 2014
Dentro la storia divino-umana della passione di Gesù ci sono tante piccole storie di uomini e di donne entrati nel raggio della sua luce o della sua ombra. La più tragica di esse è quella di Giuda Iscariota. È uno dei pochi fatti attestati, con uguale rilievo, da tutti e quattro i vangeli e dal resto del Nuovo Testamento. La primitiva comunità cristiana ha molto riflettuto sulla vicenda e noi faremmo male a non fare altrettanto. Essa ha tanto da dirci.
Giuda fu scelto fin dalla prima ora per essere uno dei dodici. Nell’inserire il suo nome nella lista degli apostoli l’evangelista Luca scrive «Giuda Iscariota che divenne (egeneto) il traditore» (6, 16). Dunque Giuda non era nato traditore e non lo era al momento di essere scelto da Gesù; lo divenne! Siamo davanti a uno dei drammi più foschi della libertà umana.
Perché lo divenne? In anni non lontani, quando era di moda la tesi del Gesù «rivoluzionario», si è cercato di dare al suo gesto delle motivazioni ideali. Qualcuno ha visto nel suo soprannome di «Iscariota» una deformazione di «sicariota», cioè appartenente al gruppo di zeloti estremisti che agivano da «sicari» contro i romani; altri hanno pensato che Giuda fosse deluso dal modo con cui Gesù portava avanti la sua idea del «regno di Dio» e che volesse forzargli la mano ad agire anche sul piano politico contro i pagani. È il Giuda del celebre musical Jesus Christ Superstar e di altri spettacoli e romanzi recenti. Un Giuda che si avvicina a un altro celebre traditore del proprio benefattore: Bruto che uccise Giulio Cesare per salvare la Repubblica!
Sono ricostruzioni da rispettare quando rivestono qualche dignità letteraria o artistica, ma non hanno alcun fondamento storico. I vangeli — le uniche fonti attendibili che abbiamo sul personaggio — parlano di un motivo molto più terra terra: il denaro. A Giuda era stata affidata la borsa comune del gruppo; in occasione dell’unzione di Betania aveva protestato contro lo spreco del profumo prezioso versato da Maria sui piedi di Gesù, non perché gli importasse dei poveri, fa notare Giovanni, ma perché «era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro» (12, 6). La sua proposta ai capi dei sacerdoti è esplicita: «Quanto siete disposti a darmi, se io ve lo consegno? Ed essi gli fissarono trenta sicli d’argento» (Matteo, 26, 15).
Ma perché meravigliarsi di questa spiegazione e trovarla troppo banale? Non è stato forse quasi sempre così nella storia e non è ancora oggi così? Mammona, il denaro, non è uno dei tanti idoli; è l’idolo per antonomasia; letteralmente, «l’idolo di metallo fuso» (cfr. Esodo, 34, 17). E si capisce il perché. Chi è, oggettivamente, se non soggettivamente (cioè nei fatti, non nelle intenzioni), il vero nemico, il concorrente di Dio, in questo mondo? Satana? Ma nessun uomo decide di servire, senza motivo, Satana. Se lo fa, è perché crede di ottenere da lui qualche potere o qualche beneficio temporale. Chi è, nei fatti, l’altro padrone, l’anti-Dio, ce lo dice chiaramente Gesù: «Nessuno può servire a due padroni: non potete servire a Dio e a Mammona» (Matteo, 6, 24). Il denaro è il «dio visibile» (W. Shakespeare, Timone d’Atene, atto iv, sc. 3.), a differenza del Dio vero che è invisibile.
Mammona è l’anti-dio perché crea un universo spirituale alternativo, cambia oggetto alle virtù teologali. Fede, speranza e carità non vengono più riposte in Dio, ma nel denaro. Si attua una sinistra inversione di tutti i valori. «Tutto è possibile a chi crede», dice la Scrittura (Marco, 9, 23); ma il mondo dice: «Tutto è possibile a chi ha il denaro». E, a un certo livello, tutti i fatti sembrano dargli ragione.
«L’attaccamento al denaro — dice la Scrittura — è la radice di tutti i mali» (1 Timoteo, 6, 10). Dietro ogni male della nostra società c’è il denaro, o almeno c’è anche il denaro. Esso è il Moloch di biblica memoria, a cui venivano immolati giovani e fanciulle (cfr. Geremia, 32, 35), o il dio Azteco, cui bisognava offrire quotidianamente un certo numero di cuori umani. Cosa c’è dietro il commercio della droga che distrugge tante vite umane, lo sfruttamento della prostituzione, il fenomeno delle varie mafie, la corruzione politica, la fabbricazione e il commercio delle armi, e perfino — cosa orribile a dirsi — alla vendita di organi umani tolti a dei bambini? E la crisi finanziaria che il mondo ha attraversato e che questo Paese sta ancora attraversando, non è dovuta in buona parte all’«esecranda bramosia di denaro», l’auri sacra fames, (Virgilio, Eneide, 3. 56-57) da parte di pochi? Giuda cominciò con sottrarre qualche denaro dalla cassa comune. Dice niente questo a certi amministratori del denaro pubblico?
Ma senza pensare a questi modi criminali di accumulare denaro, non è già scandaloso che alcuni percepiscano stipendi e pensioni cento volte superiori a quelli di chi lavora alle loro dipendenze e che alzino la voce appena si profila l’eventualità di dover rinunciare a qualcosa, in vista di una maggiore giustizia sociale?
Negli anni Settanta e Ottanta, per spiegare, in Italia, gli improvvisi rovesciamenti politici, i giochi occulti di potere, il terrorismo e i misteri di ogni genere da cui era afflitta la convivenza civile, si andò affermando l’idea, quasi mitica, dell’esistenza di un «grande Vecchio»: un personaggio scaltrissimo e potente che da dietro le quinte avrebbe mosso le fila di tutto, per fini a lui solo noti. Questo «grande Vecchio» esiste davvero, non è un mito; si chiama Denaro!
Come tutti gli idoli, il denaro è «falso e bugiardo»: promette la sicurezza e invece la toglie; promette libertà e invece la distrugge. San Francesco d’Assisi descrive, con una severità insolita, la fine di una persona vissuta solo per aumentare il suo «capitale». Si avvicina la morte; si fa venire il sacerdote. Questi chiede al moribondo: «Vuoi il perdono di tutti i tuoi peccati?», e lui risponde di sì. E il sacerdote: «Sei pronto a soddisfare ai torti commessi, restituendo le cose che hai frodato ad altri?». Ed egli: «Non posso». «Perché non puoi?». «Perché ho già lasciato tutto nelle mani dei miei parenti e amici». E così egli muore impenitente e appena morto i parenti e gli amici dicono tra loro: «Maledetta l’anima sua! Poteva guadagnare di più e lasciarcelo, e non l’ha fatto!» (cfr. San Francesco, Lettera a tutti i fedeli 12, Fonti Francescane, 205).
Quante volte, di questi tempi, abbiamo dovuto ripensare a quel grido rivolto da Gesù al ricco della parabola che aveva ammassato beni a non finire e si sentiva al sicuro per il resto della vita: «Stolto, questa notte stessa l’anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà?» (Luca, 12, 20)!». Uomini collocati in posti di responsabilità che non sapevano più in quale banca o paradiso fiscale ammassare i proventi della loro corruzione si sono ritrovati sul banco degli imputati, o nella cella di una prigione, proprio quando stavano per dire a se stessi: «Ora godi, anima mia». Per chi l’hanno fatto? Ne valeva la pena? Hanno fatto davvero il bene dei figli e della famiglia, o del partito, se è questo che cercavano? O non hanno piuttosto rovinato se stessi e gli altri? Il dio denaro si incarica di punire lui stesso i suoi adoratori.
Il tradimento di Giuda continua nella storia e il tradito è sempre lui, Gesù. Giuda vendette il capo, i suoi seguaci vendono il suo corpo, perché i poveri sono membra di Cristo. «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Matteo, 25, 40). Ma il tradimento di Giuda non continua solo nei casi clamorosi che ho evocato. Sarebbe comodo per noi pensarlo, ma non è così. È rimasta famosa l’omelia che tenne un Giovedì santo don Primo Mazzolari su «Nostro fratello Giuda». «Lasciate — diceva ai pochi parrocchiani che aveva davanti — che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro».
Si può tradire Gesù anche per altri generi di ricompensa che non siano i trenta denari. Tradisce Cristo chi tradisce la propria moglie o il proprio marito. Tradisce Gesù il ministro di Dio infedele al suo stato, o che invece di pascere il gregge pasce se stesso. Tradisce Gesù chiunque tradisce la propria coscienza. Posso tradirlo anch’io, in questo momento — e la cosa mi fa tremare — se mentre predico su Giuda mi preoccupo dell’approvazione dell’uditorio più che di partecipare all’immensa pena del Salvatore. Giuda aveva un’attenuante che noi non abbiamo. Egli non sapeva chi era Gesù, lo riteneva solo «un uomo giusto»; non sapeva che era il Figlio di Dio, noi sì.
Come ogni anno, nell’imminenza della Pasqua, ho voluto riascoltare la Passione secondo San Matteo di Bach. C’è un dettaglio che ogni volta mi fa trasalire. All’annuncio del tradimento di Giuda, lì tutti gli apostoli domandano a Gesù: «Sono forse io, Signore?» «Herr, bin ich’s?». Prima però di farci ascoltare la risposta di Cristo, annullando ogni distanza tra l’evento e la sua commemorazione, il compositore inserisce un corale che inizia così: «Sono io, sono io il traditore! Io devo fare penitenza!», «Ich bin’s, ich sollte büßen». Come tutti i corali di quell’opera, esso esprime i sentimenti del popolo che ascolta; è un invito a fare anche noi la nostra confessione di peccato.
Il vangelo descrive la fine orrenda di Giuda: «Giuda, che l’aveva tradito, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì, e riportò i trenta sicli d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: Ho peccato, consegnandovi sangue innocente. Ma essi dissero: Che c’importa? Pensaci tu. Ed egli, buttati i sicli nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi» (Matteo, 27, 3-5). Ma non diamo un giudizio affrettato. Gesú non ha mai abbandonato Giuda e nessuno sa dove egli è caduto nel momento in cui si è lanciato dall’albero con la corda al collo: se nelle mani di Satana o in quelle di Dio. Chi può dire cosa è passato nella sua anima in quegli ultimi istanti? «Amico», era stata l’ultima parola rivoltagli da Gesù nell’orto ed egli non poteva averla dimenticata, come non poteva aver dimenticato il suo sguardo.
È vero che, parlando al Padre dei suoi discepoli, Gesú aveva detto di Giuda: «Nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione» (Giovanni, 17, 12), ma qui, come in tanti altri casi, egli parla nella prospettiva del tempo non dell’eternità. Anche l’altra parola tremenda detta di Giuda: «Meglio sarebbe per quell’uomo se non fosse mai nato» (Marco, 14, 21) si spiega con l’enormità del fatto, senza bisogno di pensare a un fallimento eterno. Il destino eterno della creatura è un segreto inviolabile di Dio. La Chiesa ci assicura che un uomo o una donna proclamati santi sono nella beatitudine eterna; ma di nessuno essa stessa sa che è certamente all’inferno.
Dante Alighieri, che, nella Divina Commedia, colloca Giuda nel profondo dell’inferno, narra della conversione all’ultimo istante di Manfredi, figlio di Federico ii e re di Sicilia, che tutti a suo tempo ritenevano dannato perché morto scomunicato. Ferito a morte in battaglia, egli confida al poeta che, nell’ultimo istante di vita, si arrese piangendo a colui «che volentier perdona» e dal Purgatorio manda sulla terra questo messaggio che vale anche per noi: «Orribil furon li peccati miei; ma la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei» (Purgatorio, III, 118-123).
Ecco a cosa deve spingerci la storia del nostro fratello Giuda: ad arrenderci a colui che volentieri perdona, a gettarci anche noi tra le braccia aperte del crocifisso. La cosa più grande nella vicenda di Giuda non è il suo tradimento, ma la risposta che Gesú dà a esso. Egli sapeva bene cosa stava maturando nel cuore del suo discepolo; ma non lo espone, vuole dargli la possibilità fino all’ultimo di tornare indietro, quasi lo protegge. Sa perché è venuto, ma non rifiuta, nell’orto degli ulivi, il suo bacio di gelo e anzi lo chiama amico (Matteo, 26, 50). Come cercò il volto di Pietro dopo il rinnegamento per dargli il suo perdono, chissà come avrà cercato anche quello di Giuda in qualche svolta della sua via crucis! Quando dalla croce prega: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Luca, 23, 34), non esclude certamente da essi Giuda.
Che faremo dunque noi? Chi seguiremo, Giuda o Pietro? Pietro ebbe rimorso di quello che aveva fatto, ma anche Giuda ebbe rimorso, tanto che gridò: «Ho tradito sangue innocente!» e restituì i trenta denari. Dov’è allora la differenza? In una cosa sola: Pietro ebbe fiducia nella misericordia di Cristo, Giuda no! Il più grande peccato di Giuda non fu aver tradito Gesú, ma aver dubitato della sua misericordia.
Se lo abbiamo imitato, chi più chi meno, nel tradimento, non lo imitiamo in questa sua mancanza di fiducia nel perdono. Esiste un sacramento nel quale è possibile fare una esperienza sicura della misericordia di Cristo: il sacramento della riconciliazione. Quanto è bello questo sacramento! È dolce sperimentare Gesù come maestro, come Signore, ma ancora più dolce sperimentarlo come Redentore: come colui che ti tira fuori dal baratro, come Pietro dal mare, che ti tocca, come fece con il lebbroso, e ti dice: «Lo voglio, sii guarito!» (Matteo, 8, 3).
La confessione ci permette di sperimentare su di noi quello che la Chiesa dice del peccato di Adamo nell’Exultet pasquale: «O felice colpa che ci ha meritato un tale Redentore!». Gesù sa fare di tutte le colpe umane, una volta che ci siamo pentiti, delle «felici colpe», delle colpe che non si ricordano più se non per l’esperienza di misericordia e di tenerezza divina di cui sono state occasione!
Ho un augurio da fare a me e a tutti voi, venerabili padri, fratelli e sorelle: che il mattino di Pasqua possiamo destarci e sentire risuonare nel nostro cuore le parole di un grande convertito del nostro tempo, il poeta e drammaturgo Paul Claudel:
«Mio Dio, sono risuscitato e sono ancora con Te! Dormivo ed ero steso come un morto nella notte. Hai detto: “Sia la luce!” E io mi sono svegliato come si getta un grido! [...] Padre mio che mi hai generato prima dell’Aurora, sono alla tua presenza. Il mio cuore è libero e la bocca mondata, corpo e spirito sono a digiuno. Sono assolto di tutti i peccati, che ho confessati uno ad uno. L’anello nuziale è al mio dito e il mio volto è pulito. Sono come un essere innocente nella grazia che mi hai concessa» (P. Claudel, Prière pour le Dimanche matin, in Œuvres poétiques, Gallimard, Paris, 1967, p. 377        
Questo può fare di noi la Pasqua di Cristo
L'Osservatore Romano, 19 aprile 2014

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Messaggio Da libero pensatore Sab Apr 26, 2014 11:33 am

PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 23 aprile 2014

«Perché cercate tra i morti Colui che è vivo?»
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Questa settimana è la settimana della gioia: celebriamo la Risurrezione di Gesù.È una gioia vera, profonda, basata sulla certezza che Cristo risorto ormai non muore più, ma è vivo e operante nella Chiesa e nel mondo. Tale certezza abita nel cuore dei credenti da quel mattino di Pasqua, quando le donne andarono al sepolcro di Gesù e gli angeli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (Lc 24,5). “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” Queste parole sono come una pietra miliare nella storia; ma anche una “pietra d’inciampo”, se non ci apriamo alla Buona Notizia, se pensiamo che dia meno fastidio un Gesù morto che un Gesù vivo! Invece quante volte, nel nostro cammino quotidiano, abbiamo bisogno di sentirci dire: “Perché stai cercando tra i morti colui che è vivo?”. Quante volte noi cerchiamo la vita fra le cose morte, fra le cose che non possono dare vita, fra le cose che oggi sono e domani non saranno più, le cose che passano… “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”
Ne abbiamo bisogno quando ci chiudiamo in una qualsiasi forma di egoismo o di auto-compiacimento; quando ci lasciamo sedurre dai poteri terreni e dalle cose di questo mondo, dimenticando Dio e il prossimo; quando poniamo le nostre speranze in vanità mondane, nel denaro, nel successo. Allora la Parola di Dio ci dice: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. Perché stai cercando lì? Quella cosa non ti può dare vita! Sì, forse ti darà un’allegria di un minuto, di un giorno, di una settimana, di un mese… e poi? “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. Questa frase deve entrare nel cuore e dobbiamo ripeterla. La ripetiamo insieme tre volte? Facciamo lo sforzo? Tutti: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” [ripete con la folla] Oggi, quando torniamo a casa, diciamola dal cuore, in silenzio, e facciamoci questa domanda: perché io nella vita cerco tra i morti colui che è vivo? Ci farà bene.
Non è facile essere aperti a Gesù. Non è scontato accettare la vita del Risorto e la sua presenza in mezzo a noi. Il Vangelo ci fa vedere diverse reazioni: quella dell’apostolo Tommaso, quella di Maria di Màgdala e quella dei due discepoli di Emmaus: ci fa bene confrontarci con loro. Tommaso pone una condizione alla fede, chiede di toccare l’evidenza, le piaghe; Maria Maddalena piange, lo vede ma non lo riconosce, si rende conto che è Gesù soltanto quando Lui la chiama per nome; i discepoli di Emmaus, depressi e con sentimenti di sconfitta, giungono all’incontro con Gesù lasciandosi accompagnare da quel misterioso viandante. Ciascuno per cammini diversi! Cercavano tra i morti colui che è vivo e fu lo stesso Signore a correggere la rotta. Ed io che faccio? Quale rotta seguo per incontrare il Cristo vivo? Lui sarà sempre vicino a noi per correggere la rotta se noi abbiamo sbagliato.
«Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (Lc 24,5). Questa domanda ci fa superare la tentazione di guardare indietro, a ciò che è stato ieri, e ci spinge in avanti verso il futuro. Gesù non è nel sepolcro, è il Risorto! Lui è il Vivente, Colui che sempre rinnova il suo corpo che è la Chiesa e lo fa camminare attirandolo verso di Lui. “Ieri” è la tomba di Gesù e la tomba della Chiesa, il sepolcro della verità e della giustizia; “oggi” è la risurrezione perenne verso la quale ci sospinge lo Spirito Santo, donandoci la piena libertà.
Oggi viene rivolto anche a noi questo interrogativo. Tu, perché cerchi tra i morti colui che è vivo tu che ti chiudi in te stesso dopo un fallimento e tu che non ha più la forza di pregare? Perché cerchi tra i morti colui che è vivo, tu che ti senti solo, abbandonato dagli amici e forse anche da Dio? Perché cerchi tra i morti colui che è vivo tu che hai perso la speranza e tu che ti senti imprigionato dai tuoi peccati? Perché cerchi tra i morti colui che è vivo tu che aspiri alla bellezza, alla perfezione spirituale, alla giustizia, alla pace?
Abbiamo bisogno di sentirci ripetere e di ricordarci a vicenda l’ammonimento dell’angelo! Questo ammonimento, «Perché cercate tra i morti colui che è vivo», ci aiuta ad uscire dai nostri spazi di tristezza e ci apre agli orizzonti della gioia e della speranza. Quella speranza che rimuove le pietre dai sepolcri e incoraggia ad annunciare la Buona Novella, capace di generare vita nuova per gli altri. Ripetiamo questa frase dell’angelo per averla nel cuore e nella memoria e poi ognuno risponda in silenzio: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” Ripetiamola! [ripete con la folla] Guardate fratelli e sorelle, Lui è vivo, è con noi! Non andiamo da tanti sepolcri che oggi ti promettono qualcosa, bellezza, e poi non ti danno niente! Lui è vivo! Non cerchiamo fra i morti colui che è vivo! Grazie.
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Saluti:
Je vous salue cordialement, chers amis de langue française, en particulier les prêtres de Sens, avec Monseigneur Patenôtre, et les pèlerins de Saint Denis, avec Monseigneur Delannoy.
Je vous invite à vous laisser rencontrer par le Christ ressuscité et vivant, à vous ouvrir à celui qui donne la vie et la véritable espérance. Joyeuses fêtes de Pâques.
[Vi saluto cordialmente, cari amici di lingua francese. In particolare, saluto i sacerdoti di Sens, con Monsignor Patenôtre, e i pellegrini di Saint Denis, con Monsignor Delannoy.
Vi invito a lasciarvi incontrare da Cristo risorto e vivente, ad aprirvi a Colui che dona la vita e la vera speranza. Buone feste pasquali.]
I greetall the English-speaking pilgrims taking part in today’s Audience, including those from Scotland, Sweden, Finland and the United States. I offer a special greeting to the newly-ordained deacons from the Pontifical Irish College, as well as their families and friends. Upon all of you, and upon your families, I invoke the joy and peace of the Risen Lord. God bless you all!
[Saluto tutti i pellegrini di lingua inglese presenti a questa Udienza, specialmente quelli provenienti da Scozia, Irlanda, Svezia, Finlandia e Stati Uniti. Rivolgo un saluto particolare ai nuovi diaconi del Pontificio Collegio Irlandese, insieme ai loro familiari ed amici. Su voi e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la pace del Signore Risorto. Dio vi benedica tutti!]
Ein herzliches Willkommen sage ich den Pilgern aus den Ländern deutscher Sprache. Ostern ist ein Fest der Freude, denn der auferstandene Christus ist mit uns. Er ist der Lebendige, der den Tod überwunden hat. Wir wollen auf ihn bauen und uns seiner Füh¬rung anvertrauen. Der Auferstandene schenkt uns Hoffnung und Leben. Frohe Ostern!
[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua tedesca. La Pasqua è una festa di gioia, perché Cristo risorto è con noi. Egli è Colui che vive e ha vinto la morte. Vogliamo sempre fidarci di lui e affidarci alla sua guida. Il Risorto ci dona speranza e vita. Frohe Ostern!]
Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos venidos de España, México, Costa Rica, Colombia, Uruguay, Argentina y otros países latinoamericanos. Que en este tiempo de Pascua abramos nuestra vida al encuentro con Cristo resucitado, Cristo vivo, el único que puede dar verdadera esperanza.
Dou as boas-vindas a todos os peregrinos de língua portuguesa, nominalmente aos fiéis de Lisboa e aos diversos grupos do Brasil. Queridos amigos, a fé na Ressurreição nos leva a olhar para o futuro, fortalecidos pela esperança na vitória de Cristo sobre o pecado e a morte. Feliz Páscoa para todos!
[Rivolgo un saluto speciale a tutti i pellegrini di lingua portoghese, in particolare ai fedeli di Lisbona e ai diversi gruppi dal Brasile. Cari amici, la fede nella Resurrezione ci spinge a guardare verso il futuro, rafforzati dalla speranza nella vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Buona pasqua a tutti!]
أُرحّبُ بالحجّاجِ الناطقينَ باللغةِ العربية، وخاصةً بالقادمينَ من الشرق الأوسط. لنسأل الرب أن يجعلنا مشاركين في قيامته، وقادرين أن نُدرك بأنه الحي الذي يعمل في وسطنا؛ وليعلمنا كل يوم ألاّ نبحث عن الحيّ بين الأموات! ليبارككم الرب!
[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! chiediamo al Signore che ci renda partecipi della sua Risurrezione, e capaci di sentirlo come il Vivente, vivo ed operante in mezzo a noi; e ci insegni ogni giorno a non cercare tra i morti Colui che è vivo. Il Signore vi benedica!]
Pozdrawiam polskich pielgrzymów. Drodzy bracia i siostry, wobec pustego grobu Jezusa Chrystusa, uświadamiamy sobie, że światło zmartwychwstania przenika całe nasze życie, pomaga nam wyjść z naszych przestrzeni smutku i otwiera perspektywy na radość i nadzieję. Niech ta radość i nadzieja napełnia zawsze wasze serca! Niech Bóg wam błogosławi!
[Saluto i pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, davanti alla tomba vuota di Gesù Cristo ci rendiamo conto che la luce della risurrezione penetra tutta la nostra vita, ci aiuta di uscire dai nostri spazi di tristezza e ci apre agli orizzonti della gioia e della speranza. Questa gioia e speranza riempia sempre i vostri cuori! Dio vi benedica!]
* * *
Ieri ho ricevuto un video-appello da parte degli operai della Lucchini di Piombino, inviatomi prima della chiusura dell’altoforno, che mi ha davvero commosso. Sono rimasto triste. Cari operai, cari fratelli, sui vostri volti erano dipinte una profonda tristezza e le preoccupazioni di padri di famiglie che chiedono solo il loro diritto di lavorare per vivere dignitosamente e per poter custodire, nutrire ed educare i propri figli. Siate sicuri della mia vicinanza e della mia preghiera; non scoraggiatevi, il Papa è accanto a voi e prega per voi, affinché quando si spengono le speranze umane, rimanga sempre accesa la speranza divina che non delude mai. Cari operai, cari fratelli, vi abbraccio fraternamente; e a tutti i responsabili chiedo di compiere ogni sforzo di creatività e di generosità per riaccendere la speranza nei cuori di questi nostri fratelli e nel cuore di tutte le persone disoccupate a causa dello spreco e della crisi economica. Per favore, aprite gli occhi e non rimanete con le braccia incrociate!
Nelle scorse settimane mi sono arrivati da ogni parte del mondo tanti messaggi di auguri per la Santa Pasqua. Ricambio questi auguri a tutti. Desidero ringraziare di cuore i bambini, i giovani, gli anziani, le famiglie, le comunità parrocchiali e religiose, le associazioni, i movimenti e i diversi gruppi che hanno voluto manifestarmi affetto e vicinanza. Chiedo a tutti di continuare a pregare per me e per il mio servizio alla Chiesa. Domenica prossima, ad Alba, in Piemonte, verrà proclamato Beato Giuseppe Girotti, sacerdote dell’Ordine dei Frati Predicatori, ucciso in odium fidei nel lager nazista di Dachau. La sua eroica testimonianza cristiana e il suo martirio, possano suscitare in molti il desiderio di aderire sempre più a Gesù e al Vangelo. Do il benvenuto ai pellegrini di lingua italiana! Saluto con gioia i ragazzi della professione di fede di Milano, la Comunità Shalòm, i nuovi diaconi della Compagnia di Gesù e i partecipanti all’evento “Colonna della Libertà 2014”, augurando a tutti che la Visita alla Sede di Pietro ravvivi la speranza e stimoli alla carità. Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. L’annuncio pasquale continui a farci ardere il cuore nel petto, come avvenne per i discepoli di Emmaus: cari giovani, vivete sempre la fede con entusiasmo, convinti che solo il Signore Gesù ci permette di raggiungere la felicità piena e duratura; cari ammalati, non c’è conforto maggiore e consolazione più bella alla vostra sofferenza della certezza che Cristo è risorto; e voi, cari sposi novelli, vivete il vostro matrimonio nella reale adesione a Cristo e agli insegnamenti del Vangelo.





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Messaggio Da libero pensatore Dom Mag 18, 2014 5:11 pm

questo pomeriggio è arrivata a Muggiò la statua della Madonna di Fatima, è un fatto eccezionale (l'ultima volta è stato nel 1965), sarà tra noi nella chiesa centrale per tutta settimana, ogni giorno ci saranno dei momenti di preghiera, riflessione con le SS Messe.
La statua, chiamata "Madonna Pellegrina" dal 1959 visita tutte le Diocesi d'Italia, nelle varie parrocchie.
Pressante è l'invito di Maria a pregare con fede, specialmente con la recita del S.Rosario per la pace e per una vita più austera e moralmente sempre più corretta; non è Dio che punisce il disordine provocato dall'egoismo umano, se mai è l'uomo che punisce sè stesso!
Preghiamo la Madonna perchè ci converta aiutandoci a mettere in pratica la legge suprema dell'amore!

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Messaggio Da libero pensatore Dom Set 07, 2014 6:02 pm

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 7 settembre 20



Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo di questa domenica, tratto dal capitolo 18° di Matteo, presenta il tema della correzione fraterna nella comunità dei credenti: cioè come io devo correggere un altro cristiano quando fa una cosa non buona. Gesù ci insegna che se il mio fratello cristiano commette una colpa contro di me, mi offende, io devo usare carità verso di lui e, prima di tutto, parlargli personalmente, spiegandogli che ciò che ha detto o ha fatto non è buono. E se il fratello non mi ascolta? Gesù suggerisce un progressivo intervento: prima, ritorna a parlargli con altre due o tre persone, perché sia più consapevole dello sbaglio che ha fatto; se, nonostante questo, non accoglie l’esortazione, bisogna dirlo alla comunità; e se non ascolta neppure la comunità, occorre fargli percepire la frattura e il distacco che lui stesso ha provocato, facendo venir meno la comunione con i fratelli nella fede.

Le tappe di questo itinerario indicano lo sforzo che il Signore chiede alla sua comunità per accompagnare chi sbaglia, affinché non si perda. Occorre anzitutto evitare il clamore della cronaca e il pettegolezzo della comunità – questa è la prima cosa, evitare questo -. «Va’ e ammoniscilo fra te e lui solo» (v. 15). L’atteggiamento è di delicatezza, prudenza, umiltà, attenzione nei confronti di chi ha commesso una colpa, evitando che le parole possano ferire e uccidere il fratello. Perché, voi sapete, anche le parole uccidono! Quando io sparlo, quando io faccio una critica ingiusta, quando io “spello” un fratello con la mia lingua, questo è uccidere la fama dell’altro! Anche le parole uccidono. Facciamo attenzione a questo. Nello stesso tempo questa discrezione di parlargli da solo ha lo scopo di non mortificare inutilmente il peccatore. Si parla fra i due, nessuno se ne accorge e tutto è finito. È alla luce di questa esigenza che si comprende anche la serie successiva di interventi, che prevede il coinvolgimento di alcuni testimoni e poi addirittura della comunità. Lo scopo è quello di aiutare la persona a rendersi conto di ciò che ha fatto, e che con la sua colpa ha offeso non solo uno, ma tutti. Ma anche di aiutare noi a liberarci dall’ira o dal risentimento, che fanno solo male: quell’amarezza del cuore che porta l’ira e il risentimento e che ci portano ad insultare e ad aggredire. E’ molto brutto vedere uscire dalla bocca di un cristiano un insulto o una aggressione. E’ brutto. Capito? Niente insulto! Insultare non è cristiano. Capito? Insultare non è cristiano.

In realtà, davanti a Dio siamo tutti peccatori e bisognosi di perdono. Tutti. Gesù infatti ci ha detto di non giudicare. La correzione fraterna è un aspetto dell’amore e della comunione che devono regnare nella comunità cristiana, è un servizio reciproco che possiamo e dobbiamo renderci gli uni gli altri. Correggere il fratello è un servizio, ed è possibile ed efficace solo se ciascuno si riconosce peccatore e bisognoso del perdono del Signore. La stessa coscienza che mi fa riconoscere lo sbaglio dell’altro, prima ancora mi ricorda che io stesso ho sbagliato e sbaglio tante volte.

Per questo, all’inizio della Messa, ogni volta siamo invitati a riconoscere davanti al Signore di essere peccatori, esprimendo con le parole e con i gesti il sincero pentimento del cuore. E diciamo: “Abbi pietà di me, Signore. Io sono peccatore!. Confesso, Dio Onnipotente, i miei peccati”. E non diciamo: “Signore, abbi pietà di questo che è accanto a me, o di questa, che sono peccatori”. No! “Abbi pietà di me!”. Tutti siamo peccatori e bisognosi del perdono del Signore. È lo Spirito Santo che parla al nostro spirito e ci fa riconoscere le nostre colpe alla luce della parola di Gesù. Ed è lo stesso Gesù che ci invita tutti, santi e peccatori, alla sua mensa raccogliendoci dai crocicchi delle strade, dalle diverse situazioni della vita (cfr Mt 22,9-10). E tra le condizioni che accomunano i partecipanti alla celebrazione eucaristica, due sono fondamentali, due condizioni per andare bene a Messa: tutti siamo peccatori e a tutti Dio dona la sua misericordia. Sono due condizioni che spalancano la porta per entrare a Messa bene. Dobbiamo sempre ricordare questo prima di andare dal fratello per la correzione fraterna.

Domandiamo tutto questo per l’intercessione della Beata Vergine Maria, che domani celebreremo nella ricorrenza liturgica della sua Natività.


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Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

in questi ultimi giorni sono stati compiuti passi significativi nella ricerca di una tregua nelle regioni interessate dal conflitto in Ucraina orientale, pur avendo sentito oggi delle notizie poco confortanti. Tuttavia auspico che essi possano recare sollievo alla popolazione e contribuire agli sforzi per una pace duratura. Preghiamo affinché, nella logica dell’incontro, il dialogo iniziato possa proseguire e portare il frutto sperato. Maria, Regina della Pace, prega per noi.

Unisco inoltre la mia voce a quella dei Vescovi del Lesotho, che hanno rivolto un appello per la pace in quel Paese. Condanno ogni atto di violenza e prego il Signore perché nel Regno del Lesotho si ristabilisca la pace nella giustizia e nella fraternità.

Questa domenica un convoglio di circa 30 volontari della Croce Rossa Italiana parte alla volta dell’Iraq, nella zona di Dohuk, vicino a Erbil, dove si sono concentrate decine di migliaia di sfollati iracheni. Esprimendo un sentito apprezzamento per questa opera generosa e concreta, imparto la benedizione a tutti loro e a tutte le persone che cercano concretamente di aiutare i nostri fratelli perseguitati ed oppressi. Il Signore vi benedica.

Saluto tutti i pellegrini provenienti dall’Italia e da diversi Paesi, in particolare il gruppo dei brasiliani, gli studenti della scuola S. Basilio Magno di Presov, nella Slovacchia, i fedeli di Sulzano (Brescia), Gravina di Puglia, Castiglion Fiorentino, Poggio Rusco (Mantova), Albignasego (Padova), Molino di Altissimo (Vicenza), i ragazzi della Cresima di Matera, Valdagno e Vibo Valentia.

Rivolgo un cordiale saluto al Cardinale Arcivescovo di Lima e ai suoi diocesani, che oggi inaugurano il XX Sinodo dell’Arcidiocesi di Lima. Il Signore vi accompagni in questo cammino di fede, di comunità e di crescita.

E ricordatevi domani - come ho detto - la ricorrenza liturgica della Natività della Madonna. Sarebbe il suo compleanno. E cosa si fa quando la mamma fa la festa di compleanno? La si saluta, si fanno gli auguri… Domani ricordatevi, dal mattino presto, dal vostro cuore e dalle vostre labbra, di salutare la Madonna e dirle: “Tanti auguri!”. E dirle un’Ave Maria che venga dal cuore di figlio e di figlia. Ricordatevi bene!

A tutti voi chiedo, per favore, di pregare per me. Vi auguro buona domenica e buon pranzo.







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